A Quiet Place II torna nelle sale per terrorizzare gli spettatori a caccia di brividi estivi, affamati di suspense ed emozioni forti da vivere, con sguardo stupito, mentre fissano le immagini che scorrono sullo schermo d’argento. John Krasinski, tre anni dopo il successo riscosso con il primo film, si ritrova di nuovo nei panni di regista, autore e interprete insieme alla moglie Emily Blunt e ai giovanissimi Noah Jupe e Millicent Simmonds. Come new entry del cast figurano invece gli attori Cillian Murphy (Peaky Blinders) e Djimon Hounsou (che vedremo presto nel prossimo capitolo della saga Kingsman, The King’s Man), pronti a fare il loro debutto in questo franchise (di cui è già stato annunciato il terzo capitolo) che arriverà nelle sale dal 24 giugno.
In seguito agli ultimi tragici eventi narrati in A Quiet Place – Un posto tranquillo, la famiglia Abbot (Blunt, Simmonds e Jupe) deve ora affrontare il terrore del mondo esterno, mentre continuano la loro lotta per la sopravvivenza, mantenendo ancora il silenzio. Costretti ad avventurarsi nell’ignoto, si renderanno presto conto che le creature a caccia del suono non sono le uniche minacce che si nascondono oltre il sentiero di sabbia.
A Quiet Place II è la prova che un sequel, se collocato in un’ottica più ampia e in una visione a lungo termine, può di gran lunga eguagliare il successo del primo capitolo di una serie: in questo caso, ancora una volta i linguaggi dell’horror e della fantascienza si trasformano in lenti deformati focalizzate sul reale. Ed è secondo questa prospettiva che il coming of age affrontato da Regan e Marcus si trasforma in un viaggio nel cuore di tenebra di un perturbante freudiano e collettivo, nel quale le ombre del reale assumono connotati mostruosi, gli incubi si trasfigurano in creature aliene e “altre”, inspiegabili, e infine anche i luoghi accoglienti che da sempre vengono identificati come un rifugio sicuro diventano pericolose trappole mortali.
La casa, da sempre intesa come nido nel quale rifugiarsi, nella saga di Krasinski è un luogo pericoloso ed esposto dal quale scappare; ma anche la società – che è la nostra “culla” nel mondo esterno – rivela le proprie insidie mortali, tra creature che si aggirano pericolosamente sulle terraferma ed esseri umani che hanno dimenticato di esserlo, tornando ad uno stato ferino e aggressivo. Nell’ottica di questo crudele “cane mangia cane” è proprio la diversità a salvare la vita (come era già mostrato abbondantemente nel primo film), una diversità che si rivela risorsa preziosa insieme all’unione inscindibile che anima il nucleo famigliare.
A Quiet Place II riprende il filo del discorso da dove era stato interrotto, tessendo sottili trame di correlativi oggettivi e fili rossi da tirare per mostrare un nuovo arazzo, via via più complesso e stratificato per via delle allegorie e delle sottotrame tirate in ballo. L’horror si mescola con la fantascienza, giocando con i topoi comuni ad entrambi i generi ma collocandoli in una dimensione nuova, che è tanto post-moderna quanto meta-cinematografica. Perché il lavoro che Krasinski e la sua crew hanno compiuto sui due capitoli di A Quiet Place riguarda soprattutto l’impatto del sonoro sulla percezione dello spettatore: le creature aliene del film sono pericolose assassine a piede libero guidate dai rumori. Così per sopravvivere, è il silenzio rigoroso il nuovo compagno di vita di Lee e della sua famiglia.
La capacità di questo secondo capitolo è quella di ribadire, ancora una volta, quanto il cinema sia a tutti gli effetti scrittura per immagini, racconto visivo che scorre sullo schermo d’argento della sala evocando suggestioni sonore e visive (appunto), sfruttando la potenza delle immagini e dei suoni, dell’uso sapiente di una colonna sonora che sottolinea le situazioni che si susseguono ad un ritmo incalzante e irregolare, proprio come il respiro affannoso che intervalla il terrore e la paura, sentimenti che accompagnano quotidianamente Lee, Evelyn, Marcus, Regan e perfino il più piccolo della famiglia Abbott.
E, nonostante le presenze fondamentali degli adulti, sono proprio i più giovani a compiere un viaggio più complesso e profondo: in un mondo che è cambiato drasticamente, i due giovani fratelli riescono entrambi a crescere, a ri-scoprirsi e a ri-collocarsi (anche se a caro prezzo) in una realtà distopica e mostruosa, che progressivamente scoprono come attaccare e sconfiggere, piegandola alla loro volontà. Ancora una volta il coming of age cinematografico (un po’ come accaduto di recente negli intenti dietro l’italiano Non mi uccidere) si trasforma in una danza macabra di sangue e morte, un passaggio traumatico da compiere per morire e rinascere dalle proprie ceneri, per poter infine vivere ancora.