Archiviata l’avventura americana, Gabriele Muccino torna a dedicarsi al cinema italiano: A Casa Tutti Bene (qui il trailer), atteso lungometraggio corale interpretato da un nutrico cast di volti noti, è infatti un esempio dello stile che ha inizialmente contraddistinto il regista romano, il quale sembra aver qui riscoperto le proprie radici artistiche.
Lontano dalle logiche hollywoodiane dalle quali sono nati lungometraggi come La Ricerca della Felicità o Padri e Figlie, A Casa Tutto Bene riattinge dai modelli di un Muccino più propriamente autoriale, simile fin dalla storia proposta alle sue produzioni dei primi anni Duemila.
Richiamando interpreti a lui cari come Stefano Accorsi, Stefania Sandrelli o Pierfrancesco Favino, il cineasta indaga infatti nuovamente le diverse sfaccettature dell’animo umano, narrando la storia di una famiglia disfunzionale costretta a convivere per tre giorni in una villa sull’isola di Ischia.
In un’Italia segnata da una repentina crisi di valori, la famiglia diventa epicentro di affetti e ipocrisie che appaiono sempre più accentuate grazie ad un costante confronto generazionale. Dagli anziani ai giovanissimi, lo sguardo indagatore della cinepresa non salva nessuno, mettendo a nudo i segreti, le paure e le ansie che quotidianamente si accompagnano all’amore e all’affetto.
Padri assenti, moglie gelose, mariti fedifraghi, compagni malati e timidi innamorati si muovono sullo schermo con eleganza, rincorrendosi e allontanandosi tra i bellissimi scorci marittimi di una delle isole più pittoresche d’Italia. La floridezza narrativa, accompagnata naturalmente da un cast abile a dare vita a figure caleidoscopiche e sfaccettate, permette di dar vita ad un film multiforme, capace di sorprendere e coinvolgere.
A Casa Tutti Bene recensione del nuovo film di Gabriele Muccino
Se la storia riecheggia l’universalità famigliare di Ricordati di Me, lo stile conferma l‘intento di Muccino di riproporre quella firma autoriale che l’aveva reso celebre con Come te nessuno mai e che in America sembrava essersi parzialmente sbiadita. La macchina da presa si muove pertanto con decisione, spaziando tra volutamente tremanti piani-sequenza e sapienti ed eleganti carrellate dall’alto.
Alle scelte più precisamente formali, si accosta poi una recitazione caricata che ricorda L’Ultimo Bacio e Baciami Ancora. Se i dialoghi intrecciano realismo e onirismo, le performance degli attori alternano momenti di estrema enfasi a passaggi più dolci, dove il non detto diventa il protagonista. In questo senso, Ginevra (una bravissima Carolina Crescentini) si erge a modello di una frustrazione diffusa e incontrollabile, in netta antitesi con quella silenziosa ma altrettanto distruttiva di Sara (una sorprendente Sabrina Impacciatore).
Rifacendosi e rifacendo il proprio cinema, Muccino non rinuncia tuttavia a confrontarsi anche con la cultura nazionale, sia filmica che musicale. Nel primo caso, il regista romano gioca come sempre con la tradizione della commedia all’italiana e del coevo cinema d’autore, omaggiando Ettore Scola, Antonio Pietrangeli e Federico Fellini. Nel secondo, alcune tra le sequenze più belle mostrano l’affetto famigliare grazie alla musica, proposta attraverso cori improvvisati di brani di Riccardo Cocciante e Lucio Battisti.
Rievocando le proprie origini culturali e cinematografiche, Gabriele Muccino si riscopre quindi autore prima che regista: A Casa Tutti Bene è infatti un racconto propriamente italiano che, con uno stile impeccabile e un cast eccezionale, mette in scena la quotidianità dell’animo umano.