Presentato in una versione ancora in lavorazione allo scorso Festival di Cannes dove si è aggiudicato il premio come migliore attore e quello come migliore sceneggiatura, A Beautiful Day (qui il trailer italiano) – conosciuto anche con il titolo You Were Never Really Here – e il suo impareggiabile protagonista Joaquin Phoenix (qui la nostra intervista) sono finalmente pronti ad esordire anche nelle sale cinematografiche italiane.
Joe (Phoenix) sembra essere un uomo come tanti altri che, nonostante un passato di violenza alle spalle, si occupa quotidianamente della madre malata, abitando insieme a lei nella casa d’infanzia. In realtà, la sua normalità non è altro che pura apparenza: costantemente perseguitato dai demoni di un passato impossibile da dimenticare, Joe è infatti un sicario, noto ai suoi clienti per essere particolarmente spietato e violento.
Proprio per la crudeltà che lo rende unico, viene contattato da un noto politico newyorkese preoccupato per la figlia scomparsa, probabilmente rapita da un’organizzazione che obbliga ingenue minorenni a prostituirsi. Incaricato di ritrovare la ragazza, Joe inizia quindi la ricerca, entrando in un incontrollabile vortice di eventi che stravolgeranno per sempre la sua vita.
Dopo le ottime critiche ottenute dal precedente lungometraggio E Ora Parliamo di Kevin, Lynne Ramsay torna sul grande schermo con un film probabilmente ancora più crudo e sconvolgente che, nel suo estremo realismo, colpisce in pieno lo spettatore, trascinandolo con forza in uno sconforto voluto e perfettamente calibrato.
A Beautiful Day recensione del film con Joaquin Phoenix
Meno narrativo rispetto al primo lavoro della regista, A Beautiful Day si delinea pertanto come uno spaccato di vita che, rifuggendo una storia vera e propria, travolge chi guarda come una tempesta incontrollata, fatta di azioni e di fantasmi che si intrecciano tra loro facendo perdere qualsiasi nesso con il mondo.
Proprio questa istanza fantasmatica è innegabilmente uno dei punti di forza del lungometraggio che, sia nella forma che nel suo svolgimento, restituisce la realtà come un riflesso caleidoscopico di un presente e di un passato che non fanno altro che dialogare. Le luci, i colori e le forme si rifrangono infatti in un mondo contemporaneamente inconsistente e tangibile, dipinto come un inferno terreno popolato da demoni tragicamente umani.
In questa coltre oscura e (auto-)distruttiva, Joe si erge pertanto a novello Orfeo, scisso tra una parvenza eroica non richiesta ed una natura anti-eroica che forse veramente gli appartiene. Fisicamente ed emotivamente segnato, Joaquin Phoenix offre un’interpretazione straordinaria, dipingendo il ritratto di un uomo spezzato, desideroso comunque di sopravvivere nonostante tutto.
Se A Beautiful Day può quindi definirsi un film primariamente di regia, la carica emozionale proposta dal protagonista sposta il baricentro dell’intera visione: mentre lo sfondo si puntella di fioche reminiscenze del primo Scorsese, è infatti il dilaniato Joe a conquistare e commuovere il pubblico, colpito da tutta la sua fragile pienezza.