L’intervista rilasciata da James Cameron a The Daily Beast è stata l’occasione per il regista di annunciare non solo le riprese degli attesissimi sequel di Avatar e di parlare del chiacchieratissimo finale di Titanic e del futuro del franchise di Terminator, ma anche per esprimere la propria opinione in merito ad una questione abbastanza rivelante (specie negli ultimi anni) riguardo gli Oscar: quanto i membri dell’Academy siano prevenuti o meno nei confronti dei blockbuster.
Ricordiamo che proprio nel 2010 Avatar venne battuto da The Hurt Locker (curiosamente diretto dalla ex moglie di Cameron, ossia Kathryn Bigelow), che vinse nelle due categorie principali: Miglior Film e Miglior Regia. Proprio questo episodio è servito da spunto per le dichiarazioni di Cameron, che potete leggere di seguito:
“C’è un grande preconcetto in materia. La maggior parte dei membri dell’Academy è ancora formata da attori e attrici. Io li adoro, ma il loro modo di pensare è quasi sempre contrario alla tecnologia. Per cui quando esaminano una pellicola con numerosi effetti speciali pensano: “Oh, no, non è un’opera che si basa sulla recitazione!”. Titanic era un film di effetti speciali nascosto sotto “un costume da pecora”. Aveva un sacco di VFX, ma si parlava di persone e delle loro storie. Gli effetti venivano nascosti da questi elementi. Se invece giri qualcosa come Avatar, in cui la tecnologia è così evidente – nonostante io creda che a livello attoriale e narrativo sia altrettanto valido -, non vieni “premiato” allo stesso modo. È una realtà. Ma già prima di Titanic ho preso una decisione ben precisa: non avrei mai e poi mai servito due padroni. Al primo posto viene l’aspetto visivo dei miei lavori. Anche se ho speso tantissimo tempo sulle sceneggiature e le performance degli interpreti, amo ancora dare vita a questi enormi spettacoli visuali. Probabilmente non riceverò mai più una nomination e, qualora dovesse accadere, probabilmente perderei sconfitto da un film di Woody Allen. È così che stanno le cose. Quindi, è inutile provare a servire due padroni. “
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