lunedì, Ottobre 2, 2023
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Petit Paysan: presentata alla stampa l’opera prima di Hubert Charuel

Petit Paysan – Un eroe singolare del regista francese Hubert Charuel è stato presentato alla stampa in occasione della sua prossima uscita il 22 marzo nelle sale italiane (qui il trailer italiano ufficiale).

Il regista stesso ha descritto la genesi del suo lungometraggio – che racconta la tragica perdita del bestiame da parte di un allevatore della campagna francese – e ha spiegato come questo film sia un’opera “familiare” che trae ispirazione proprio dall’esperienza dei propri parenti.

Infatti, la fattoria in cui è ambientato era appartenuta alla sua famiglia che praticava da sempre il mestiere dell’allevatore e anche sullo schermo alcuni personaggi sono interpretati dalla madre, dal padre e dal nonno dello stesso Charuel.

Per quanto questo film utilizzi una grammatica molto vicina all’ambiente in cui il regista è cresciuto, la questione diventa subito universale ed è stata premiata addirittura con tre Cèsar come Miglior Opera Prima, Miglior Attrice Non Protagonista e Miglior Attore – cui bisogna aggiungere il Premio Foglia d’Oro al Festival France Odeon di Firenze e le menzioni al Festival Francophone d’Angouleme.

Petit Paysan: presentata alla stampa l’opera prima di Hubert Charuel

Proprio sulla performance di Swann Arlaud, l’allevatore protagonista della vicenda, sono state poste numerosi questioni, in special modo su come e quanto l’attore abbia dovuto prepararsi per impersonare un uomo che vive a strettissimo contatto con trenta vacche da latte.

Charuel spiega che Arlaud è stato “sottoposto” a tre settimane di vita in fattoria diventando così capace che i proprietari non volevano lasciarlo più andare e si sofferma su quanto questa preparazione abbia fornito al personaggio di Pierre una profonda verosimiglianza.

Tale attinenza al reale è supportata anche da un richiamo a una frase che la madre di Charuel era sempre solita dire sul suo bestiame, ossia «Se fanno fuori le mie vacche io mi suicido», frase terribile ma allo stesso tempo funzionale per donare un ultimo e significativo punto di verità all’intreccio del film.

Quindi il regista firma la sua opera prima come una sorte di redenzione nei confronti della sua cerchia familiare, tentando di chiedere scusa per essere stato la pecora nera della famiglia che non ha voluto prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia, ma estremamente capace di girarvi un intero lungometraggio che fa soffermare l’attenzione di chi guarda sul cosiddetto “dramma dell’allevatore” che ha segnato la categoria dall’avvento della sindrome della mucca pazza.

Chaurel racconta come l’esistenza di Pierre sarebbe potuta essere la sua in un suo ipotetico futuro da allevatore, ma ci tiene a sottolineare quanto il fine ultimo del suo lavoro da regista sia stato quello di mettere a fuoco la figura del lavoratore diviso tra la passione per il suo mestiere e la costante paura di poterlo perdere per uno scherzo del destino, impossibile da controllare.

Carlotta Guido
Carlotta Guido
Dopo la visione de Il Padrino Parte II capisce che i suoi film preferiti saranno solo quelli pari o superiori alle tre ore | Film del cuore: Il Padrino | Il più grande regista: Aleksandr Sokurov | Attore preferito: Marlon Brando | La citazione più bella: "Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me" (Frankenstein Junior)

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