«Il titolo Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco budget è una metafora delle piccole agenzie immerse in un mare di agenzie di comunicazione social ben più grandi; usare il titolo iniziale che avevamo pensato, Pesci grossi, dopo non ci è sembrata più una grande idea». Con queste parole Ciro Priello dei The Jackal ha introdotto la loro prima serie comedy targata Prime Video, Pesci piccoli, realizzata insieme a tutto il comparto tecnico del gruppo comico che incarnano.
Nonostante il lavoro di squadra, però, a rappresentare il volto del famoso collettivo – alla presenza della stampa, accorsa per la presentazione della serie in sei episodi, che approderà dall’8 giugno sulla famosa piattaforma streaming dopo una presentazione al COMICON Napoli – sono stati lo stesso Priello, Fabio Balsamo, Aurora Leone, Gianluca Fru e il regista Francesco Ebbasta, insieme alla new entry Martina Tinnirello, esordiente assoluta nei panni della protagonista, una rampante manager che irrompe nella piccola agenzia campana stravolgendone gli equilibri.
Un debutto assoluto per i The Jackal, che in passato hanno realizzato altri progetti scritti e prodotti soprattutto per il loro canale YouTube ma mai per una piattaforma di streaming; questa volta, hanno cercato anche di infondere al 100% il loro DNA marchiato The Jackal – in collaborazione con la Mad Entertainment per la produzione – in una formula che strizza l’occhio al format (tanto amato) delle sit-com, pur rappresentandone un’evoluzione moderna. La finalità del collettivo? Sempre la stessa, ovvero «creare un progetto grande ma con il nostro solito modus», come conferma Fabio Balsamo, «visto che siamo ormai abituati a viverci quotidianamente, con le nostre visioni discordanti e differenti».
«Quando è nata l’idea dei The Jackal il nostro sogno più grande era fare proprio questo: raccontare delle storie, fare del cinema e intrattenere con racconti divertenti anche attraverso dei prodotti seriali. Nel frattempo abbiamo lavorato anche a dei progetti “in solitaria”, magari nell’ambito del branded content, aprendoci a tutto ma… questo è il primo lavoro che ci riunisce tutti quanti al gran completo per un obiettivo molto più lungo. Spero davvero, in futuro, di poter continuare ancora a sognare tutti insieme, raccontando storie e divertendoci, perché farlo è la nostra forza più grande», ha commentato Ciro per riaffermare la vera forza dietro Pesci piccoli, che si basa proprio sulla potente metafora del titolo e così approfondita da Fru e Fabio:
Fru: «L’ispirazione alla base di ciò che accade nella serie viene dalla vita reale; alcune cose che vedrete sono molto vere, altre vagamente ispirate a racconti di terzi. Abbiamo raccontato il nostro quotidiano e anche noi ci siamo sentiti così, dei “pesci piccoli” appunto, soprattutto all’inizio delle nostre carriere. E pensate che io sono entrato nei The Jackal quando almeno erano già delle sogliole medie… e avevano un budget! (Ride NdR)».
Fabio: «Ma non è solo una questione di budget; il concetto di pesce piccolo è legato anche ad un atteggiamento nei confronti del mondo del lavoro. È quello che spesso determina la natura di pesci piccoli, con una mentalità alla base che è sempre volta ad imparare a crescere in un mondo che ha molto da offrirci, permettendoci così di non restare per sempre… appunto, dei pesci piccoli!»
C’è una domanda che emerge quasi subito, anche solo vedendo in anteprima i primi due episodi della serie: come si sopravvive ai pesci grossi?
Fabio: «Con dignità e consapevolezza, di sicuro. Ciò che si fa nella vita è importante, come pure guardare dove si è arrivati e non guardare, in modo struggente, dove non si è. Essere contenti di ciò che si fa tutti i giorni è fondamentale, come pure ridefinire i confini del termine “piccolo”, messo in relazione a qualcosa di particolare. La comicità è un ottimo modo per ridere di certe realtà specifiche, uno strumento; ma la vera risposta è solo nella consapevolezza, nel riempirsi di ciò che si ha e non di ciò che non si possiede».
Fru: «Il comico vede tutta la propria esistenza in modo… comico! Ma anche dietro la più stupida campagna di un influencer c’è tantissimo lavoro, gente che partecipa alla realizzazione di un obiettivo comune».
Francesco: «Il mondo si cambia quando le persone fanno ciò che piace loro; se tutti volessero diventare famosi… a quel punto, nessuno lavorerebbe più, perché il mondo va avanti proprio nell’ombra e grazie a chi lavora “dietro le quinte”».
Martina: «In realtà se penso a come sopravvivere ai pesci grossi mi viene in mente un obiettivo, che può sembrare presuntuoso se letto in una certa ottica – cioè cambiare il mondo – ma… se invece lo spostiamo adattandolo a noi stessi, allora si diventa capaci di generare un cambiamento con un’eco molto più grande».
E proprio la presenza di Martina Tinnirello nel cast rappresenta una novità assoluta, una “rottura” nello schema familiare dei The Jackal che hanno scelto non solo di inserire un elemento nuovo ma di affidare, sulle sue solide spalle, un progetto ambizioso:
«Per me è stato glorioso entrare nel mondo di Alice nel Paese delle Meraviglie», commenta scherzosamente Martina, «perché sono un’esordiente assoluta e non ho mai fatto niente prima d’ora. Per me si è trattata di una sorpresa continua, era tutto così nuovo e dovevo capire ogni dettaglio… perfino il linguaggio specifico e tecnico dei singoli reparti!»
Francesco: «Se ci pensate, l’innesco di ogni prodotto sit-com – ai quali siamo affezionati – si basa su un elemento esterno innestato in un contesto “altro”, nuovo, che irrompe in un gruppo consolidato e innesca nuove dinamiche. Pesci piccoli è un omaggio alle sit-com che amiamo, e invece del personalismo volevamo puntare sul contesto di gruppo».
Aurora: «C’è una frase che riassume molto bene l’essenza stessa della serie, e viene pronunciata dal personaggio di Fabio nel corso di uno dei primi episodi: “Noi le cose qua le facciamo insieme, anche se sono delle ca***e!” (Ride, NdR)».
Raccontare un’altra sfumatura del lavoro e di Napoli
Eppure c’è un’altra protagonista che fa da sfondo alle avventure – estremamente realistiche – raccontate in Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco budget ed è Napoli, una grande città vista da lontano e immersa in un contesto ultra-contemporaneo, tra le contraddizioni del mondo lavorativo e le difficoltà quotidiane:
Francesco: «Più che la disoccupazione, in Pesci piccoli abbiamo provato a raccontare un’altra sfumatura del lavoro e della città, concentrandoci sui piccoli contesti di provincia, lontani dal centro di Napoli. Ogni giorno ci sono decine di persone che lavorano e si occupano di comunicazione, e siccome anche noi siamo partiti in parte dal mondo della pubblicità e dalla provincia… ci siamo ritrovati nelle vicende narrate. E ci chiediamo sempre: come fanno queste persone, nell’epoca in cui tutti sono star e vogliono diventare delle star, a convivere ogni giorno con questo aspetto, continuando a fare le loro attività? Pur non cambiando il mondo, vogliono comunque provare a fare del loro meglio vivendo il quotidiano all’interno di un gruppo, che è quindi l’aspetto più importante in questo lavoro.
E noi The Jackal non potremmo mai essere senza Napoli, è nel nostro DNA, nel sangue; pur essendo girata in ufficio, indoor, Pesci piccoli si porta dietro questo aspetto. Senza considerare poi la presenza dell’accento, che voglio sempre conservare, come pure le canzoni – da Core ‘Ngrato nella versione di Raiz fino a Gigi D’Alessio – applicati ad un tema mai esploso prima come quello delle web agency; un tema contemporaneo ma moderno, per parlare di un lavoro che svolgono in molti ma ha poco a che fare con la tradizione. Noi non possiamo fare a meno di essere napoletani pur raccontando altre storie».
Fabio: «Napoli non è solo uno sfondo, è presente in tutta la serie: quella che mostriamo è diversa, contemporanea e inusuale; è presente nel linguaggio e nel modo di fare, quanto nei rapporti interpersonali, inseguendo un punto di vista lontano dalla stereotipia».
Fru: «È come Mare Fuori… ma siamo tutti un po’ più educati (Ride, NdR)».
Quali sono le ispirazioni alla base di Pesci piccoli, le sit-com che ne hanno influenzato l’immaginario fino a far assumere al prodotto una forma specifica e definita che guarda alla commedia come punto di riferimento?
Francesco: «Dal secondo episodio la serie prende una sua libertà specifica nella scrittura quanto nella regia, perché ci stava stretto il tradizionale meccanismo della sit-com. Quindi, nel primo episodio rispettiamo le regole imposte che poi però iniziano a variare come i generi: ad esempio, il quarto episodio è un omaggio dichiarato a The Office perché è completamente girato come un mockumentary; la quinta è più drammatica e l’ultima, la sesta, è di sicuro quella più scorretta. Più che copiare oppure omaggiare, abbiamo cercato di rielaborare i capisaldi della scrittura, perché oggi creare qualcosa di nuovo facendo a meno dei riferimenti che abbiamo a disposizione è praticamente impossibile. Il genere comedy, in Italia, ha una nota amara di fondo: mi vengono in mente Verdone e Villaggio, ad esempio. L’italiano ha bisogno di ridere ma c’è bisogno di un sorriso amaro».
Fabio: «E di riflettere in forma leggere. Non esiste una ricetta per il successo, ma è importante continuare un percorso per essere se stessi. Se qualcuno sa produrre dei contenuti che conosce bene attraverso una risata… beh, ben venga!»
Ciro: «Tutti vogliamo ridere; io non ho un genere preferito, guardo tutto ma la commedia è una parte fondamentale della cultura italiana. Abbiamo proprio nel DNA una certa inclinazione ad un tipo specifico di commedia, e ridere fa bene a tutti».
Fru: «Per tale ragione la serie racconta un po’ quello che siamo».
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