Emir Kusturica, il visionario regista dei Balcani, è pronto a tornare nelle sale italiane con il suo nuovo film, On the Milky Road (tradotto con Sulla Via Lattea), in uscita il prossimo 11 maggio grazie alla distribuzione indipendente di Europictures, che per prima ha garantito un aspetto più qualitativo che quantitativo, evitando i multisala e puntando, piuttosto, ai cinema d’essai con circa 30 copie pronte a fare il loro debutto.
Questa atipica e struggente storia di un amore maturo si snoda sullo sfondo degli orrori grotteschi e brutali della guerra dei Balcani, e ha richiesto al regista ben tre anni di lavoro, iniziati con la scelta della sua partner sul set, la nostra diva Monica Bellucci. E proprio entrambi hanno presentato, alla stampa, la loro ultima fatica cinematografica.
Emir Kusturica, da dove nasce l’idea alla base del film? Cosa ti ha ispirato nel processo di scrittura della sceneggiatura?
Emir Kusturica: «L’idea alla base di On the Milky Road nasce da tre storie diverse che mi sono, però, giunte contemporaneamente, e che hanno finito per costituire il cuore pulsante e diegetico del film: la prima, la storia dell’uomo che riforniva la caserma dei soldati con il latte durante la guerra tra l’URSS e l’Afghanistan; quest’uomo nutriva un serpente che nel frattempo cresceva ogni giorno sempre di più, finché non fu proprio l’animale a salvarlo da un massacro perpetuato nella caserma dove stava portando il latte. La seconda storia vera, invece, si è svolta in Croazia durante la guerra del 1990: una splendida ragazza cresciuta in Serbia e che aveva studiato a Roma – proprio come la Sposa del film – dopo la morte del padre, alla vigilia dello scoppio della guerra divenne una bellissima spia che aiutava la NATO; non si sa bene quanti uomini ha ammaliato, e tra questi figura un ufficiale inglese che voleva uccidere la moglie per lei; alla fine questa splendida spia finì in un campo profughi. Così ho messo insieme le due storie sommandole alla terza, nella quale un uomo si salva la vita facendo passare 1000 pecore su un campo minato. Tutto a voler dimostrare che, come in ogni favola che si rispetti, un fondo di verità è sempre presente.»
Monica Bellucci, cosa pensi del tuo ruolo, delle qualità d’attrice che hai dovuto “scomodare” per interpretare la Sposa e che regista è Emir Kusturica?
Monica Bellucci: «Lavorare con Kusturica è un’esperienza unica; con lui ho fatto “cose fisiche” che, di solito, non ho il coraggio di fare. Lui è un artista a tutto tondo, talmente eclettico da trasportarti con la sua energia, proprio come un pittore travolto dalla sua ispirazione: non si può far altro che lasciarsi trasportare. Ho anche parlato in serbo, e all’inizio confesso di essermi preoccupata parecchio: per fortuna che, alla fine, è andata! Emir ti ispira sempre sul set e, nonostante non sia stato un film sempre facile da gire, mi sono sempre ritrovata rapita dalla sua splendida energia, che mi ha permesso di poter essere coinvolta nelle riprese per bene tre anni consecutivi, dal 2014 al 2016. Ho molto rispetto per il film perché è, in fondo, una storia d’amore tra due persone adulte, argomento che spesso non è mostrato al cinema, come se l’amore, la sessualità e la sensibilità all’imporvviso cessassero di esistere con la sopraggiunta maturità. Quando Costa e la Sposa si incontrano in On the Milky Road, entrambi non hanno più niente da perdere e quando si incontrano hanno uno slancio vitale che rinnova, in loro, l’amore e la voglia di tornare ad amare. Alla fine il film di Emir parla di speranza.»
Emir Kusturica: «Monica ha fatto delle cose incredibili sul set, davvero.»
On the Milky Road: trailer italiano del film di e con Emir Kusturica
Emir Kusturica, hai parlato di tre storie vere per una favola. Ma c’è anche una forte presenza della mitologia greca, visto che ci sono dei palesi riferimenti a Omero, Socrate, Esopo e altri.
Emir Kusturica: «Ho avuto da sempre l’esigenza e il bisogno impellente di creare dei collegamenti con gli Archetipi. Conosco la mitologia e, ad esempio, ritengo che un mito come quello dell’arca di Noè sarebbe molto più efficace oggi se traghettasse le persone verso l’inferno caotico della moderna NYC. Ho sempre cercato, nel corso della mia carriera, di creare un simbolismo, un collegamento tra inferno e paradiso, e ritengo di essere giunto alla conclusione che è decisamente più facile adattare queste connessioni ai tempi moderni.»
Quale strategia ha adottato la Europictures di Lucy De Crescenzo?
Lucy De Crescenzo: «Abbiamo deciso di puntare solo sulle sale più importanti e i cinema di qualità, d’essai; abbiamo così bandito i multisala e puntato ad un’uscita in sole 30 copie, limitate, di partenza sperando di crescere presto. L’Europictures è una distribuzione indipendente e il mio sogno, in quanto CEO, era distribuire un film simile che nessuno voleva distribuire, a priori, in Italia: è un regalo che mi e vi faccio.»
Emir Kusturica: «Non trovo penalizzante la scelta di distribuire il film in trenta copie, anzi; mi considero innanzitutto un agricoltore e sono felice quando qualcuno si batte per mostrare un mio film; per esempio, in occasione del mio prossimo film – che sto girando in Cina – il distributore locale mi ha promesso di farlo uscire in oltre 40mila copie; a qualche punto ho riso sonoramente e gli ho risposto che “sono troppe anche per me!” Non sono più un bambino – ma nemmeno sono così vecchio! – e non interferisco con la volontà altrui, però mi accontento. Devo dire grazie a Lucy, che si è accollata tutto il rischio unendo la sua passione per il cinema al senso sociale che il cinema assume oggi. On the Milky Road è un film nato per il grande schermo, non per il piccolo; ha bisogno dell’emozione che cresce e si sviluppa all’interno della sala buia, un affetto verso un film e il grande schermo. Il futuro del cinema tra dieci e quindici anni sarà sicuramente cambiato: si gireranno molti più film del previsto, visto che già oggi se ne realizzano fin troppi, e lo tratteremo proprio come facciamo oggi con l’Opera. E questo spingerà i giovani a vedere tutto su dispositivi mobili come il cellulare o su piattaforme online come internet; solo a questo punto si sarà perso il grande senso e il significato, intrinseco, che un tempo aveva il cinema. Il cinema di oggi segue il linguaggio della tv e segue quella struttura narrativa specifica, seriale. Non si realizzano più grandi film: per tale ragione siamo grati ai distributori coraggiosi che scelgono di portare un film come On the Milky Road sul grande schermo.»
Monica Bellucci, nel film la Sposa pronuncia questa battuta: “La bellezza è una condanna”. Cosa ne pensi?
Monica Bellucci: «Ringrazierò sempre Emir per questo ruolo che mi ha offerto, sicuramente uno dei migliori della mia carriera “matura”; la Sposa è fragile come una bambina ma è anche capace di compiere atti estremi di coraggio; come regista, Kusturica conosce bene le donne; le ha studiate bene, e dimostra di doverle amare sia per il loro coraggio che per la fragilità che si annida in loro. La bellezza è come la salute, un dono; ma spesso la gente prova a distruggerla e a disprezzarla. Nel corso della mia filmografia mi è capitato molto spesso di lavorare con registi uomini che raccontano la violenza degli altri uomini sulle donne, che continuano a loro volta ad essere vittime di uomini violenti. Parlare della violenza in modo poetico, come accade in questo film che parla d’amore ma sullo sfondo della guerra, mostra e conferma la potenza di Emir nel saper narrare il contrasto e la dualità tra l’amaro e la vita, le bellezze e gli orrori grotteschi; sa raccontare bene questi contrasti dicotomici.»
Monica Bellucci, si è dedicata ultimamente a molti film stranieri e non italiani: come mai?
Monica Bellucci: «Con l’Italia ho un grande rapporto d’amore; per me casa mia e Roma sono importanti e riconfermano il mio legame con questa terra. Cosa succede al cinema italiano? Bella domanda. Il talento c’è ma è principalmente un problema politico. Ci sono film italiani che possono avere una carriera internazionale, ma allo stesso tempo sono troppo poche le opere prime che possano permettere di scovare nuovi talenti. Bisogna dare più soldi all’arte e alla cultura.»
Emir Kusturica, qual è il ruolo significativo degli animali nel complesso del tuo film?
Emir Kusturica: «Anch’io sono un animale, e quindi non noto nessuna differenza con i miei collaboratori… a quattro zampe o giù di lì. Oggi viviamo in una situazione dove il pianeta Terra è in pericolo e gli esseri umani potrebbero svanire da un momento all’altro; abbiamo commesso degli errori enormi credendo fermamente nella scienza e ponendoci come i padroni del globo. È la Terra ad essere la nostra padrona, in fondo sempre sotto terra finiamo, no? Dal Vecchio Testamento ad oggi abbiamo collezionato una catena di zeri, siamo orgogliosi di non esprimere tanto le nostre emozioni, e questo è di sicuro un clamoroso errore rispetto al passato. Non abbiamo lavorato su di noi per migliorarci. Un filosofo americano diceva: in 5000 anni abbiamo migliorato solo due cose, la protezione delle donne e la visione della natura. Abbiamo preso coscienza del problema della violenza sulle donne e, per quanto riguarda la natura, la stiamo devastando in maniera incontrollabile. Gli animali costituiscono le emozioni condivise con la natura e l’ambiente, sono un valore immutabile. In fin dei conti, è vero che quest’ultimi sono simili alle persone: li devi nutrire, sfamare e amarli. Il falco del film era sempre con me, e all’inizio tentava di graffiarmi e pizzicarmi; poi pian piano si è abituato, e dopo tre anni era diventato, per me, un amico; ecco il vero significato simbolico di un animale: da lui non si ottiene niente ordinando, ma nel tempo trascorso insieme ad altre persone, gli animali finiscono per adattarsi e abituarsi. Ma oggi non si possono più impiegare due-tre anni per gire un film; oggi il cinema è, a tutti gli effetti, un’industria.»