lunedì, Maggio 29, 2023
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M. Night Shyamalan racconta Bussano alla porta: “Credere è una scelta. Siamo tutti vulnerabili”

Il regista M. Night Shyamalan è arrivato a Roma per presentare alla stampa il suo nuovo film Bussano alla porta, dal 2 febbraio nelle sale.

A cinque anni dalla presentazione di Split, M. Night Shyamalan è finalmente tornato in Italia! Nella giornata di ieri, domenica 22 gennaio, il regista candidato all’Oscar per The Sixth Sense – Il senso sesto (film che nel lontano 1999 lanciò la sua carriera a livello mondiale), ha incontrato uno sparuto gruppo di giornalisti romani per parlare della sua ultima fatica, l’attesissimo Bussano alla porta.

Il film, che arriva a soli due anni di distanza dal precedente Old (uscito a luglio 2021), è l’adattamento del romanzo del 2018 “La casa alla fine del mondo” scritto da Paul G. Tremblay e racconta la storia di una giovane coppia omosessuale che, insieme alla loro bambina, viene tenuta in ostaggio – all’interno di una remota casa nel bosco affittata per le vacanze – da quattro sconosciuti armati e all’apparenza pericolosi che chiedono alla famiglia di compiere una scelta impensabile per scongiurare la fine del mondo.

La conversazione con Shyamalan inizia dalla scelta di portare sul grande schermo l’opera di Tremblay, scelta estremamente legata a quanto il tema della famiglia sia ormai diventato sempre più centrale nella filmografia del regista. “Credo che se non fossi diventato padre, i miei film oggi sarebbero molto diversi”, ha ammesso. “Quando diventi padre, la cosa più difficile da accettare è forse la consapevolezza di non poter difendere i tuoi figli per sempre. Credo che ogni genitore viva questa condizione come un incubo e sicuramente la voglia di portare questo romanzo al cinema nasce anche da questa profonda paura. È terribile immaginare che un giorno qualcuno che non hai mai visto prima d’ora possa bussare alla tua porta e mettere a repentaglio tutto ciò che conta di più per te”.  

Bussano alla porta – che arriverà nelle nostre sale dal 2 febbraio – è un film decisamente complesso, pieno zeppo di riferimenti biblici e di rimandi alla religione; un film che abbraccia la realtà in cui viviamo e riflette su una vastità di tematiche diversificate e al tempo stesso care alla filmografia di Shyamalan. “In questa storia ci sono dei personaggi assolutamente ordinari che vengono messi di fronte ad una situazione più grande di loro”. dichiara il regista.

“Spesso non ci riteniamo responsabili di quello che accade intorno a noi, nel mondo, ma la verità è che siamo tutti importanti; tutti noi possiamo contribuire a cambiare le cose attraverso le nostre azioni. Provengo da una famiglia molto religiosa e sono cresciuto nella convinzione che tutti abbiano bisogno di qualcosa in cui credere, perché siamo esseri umani che costantemente si interrogano sul significato delle cose. Questo è un film che racconta proprio la scelta di credere o meno in qualcosa più grande di noi”. 

Quando credere diventa una scelta

Il cast del film è composto da numerosi volti noti del grande e piccolo schermo americano, come Jonathan Groff (Looking, Mindhunter), Ben Aldridge (Fleabag) e Rupert Grint (già nel cast di Servant, la serie Apple Original diretta proprio da Shyamalan), ma a catturare davvero l’attenzione è sicuramente l’interpretazione di Dave Bautista (visto di recente anche in Glass Onion – Knives Out), che per la prima volta nella sua carriera da attore si cimenta in un ruolo profondamente drammatico.

“Non conoscevo Dave come attore, ma poi ho visto Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve e anche se ha soltanto un piccolo ruolo in quel film, ho comunque percepito il suo incredibile potenziale”, ha spiegato Shyamalan in merito alla scelta di Bautista, che nel film è il personaggio che guida il gruppo di sconosciuti. “Secondo me era perfetto per il ruolo… Quello che stavo cercando era una sorta di gigante buono, un uomo che portava su di sé il peso di una certa responsabilità… Volevo che questo peso si percepisse anche dalla sua statura e non solo attraverso l’interazione con l’altro”. 

Come sottolineato poc’anzi, Bussano alla porta è un film che incorpora all’interno della sua narrazione tantissime suggestioni che Shyamalan aveva già avuto modo di esplorare in alcuni dei suoi vecchi lavori, come ad esempio in E venne il giorno. Impossibile, dunque, per il regista esimersi dall’intavolare un interessante parallelismo tra il disaster movie dalle venature thriller del 2008 e la sua ultima fatica.

“In E venne il giorno il destino dell’umanità era già segnato”, specifica il regista. “Bisogna solo provare a capire come affrontarlo e magari controllarlo, nella speranza di salvarsi. In Bussano alla porta, invece, sono i personaggi a decidere. Ed è qui che la nostra possibilità di scelta assume un valore inestimabile. In base alla situazione, siamo tutti capaci di compiere gesti orribili o addirittura meravigliosi: resta il fatto che siamo tutti in grado di percepire l’importanza delle nostre scelte. Da questo punto di vista, E venne il giorno è un film molto perentorio, mentre in Bussano alla porta i personaggi si pongono delle domande, sono pronti a mettere in discussione le loro credenze”.

M. Night Shyamalan e Ben Aldridge sul set di Bussano alla porta. Foto per gentile concessione di Universal Pictures Italia.

Siamo tutti vulnerabili, anche emotivamente

Ma quanto è stato fedele M. Night Shyamalan alle pagine di Tremblay? Tra il libro e il film esistono alcune differenze sostanziali (soprattutto rispetto al finale!), che il regista ha così motivato: “Quanto ho letto il romanzo sono stato colpito da una serie di elementi che essenzialmente avevano a che fare con la paura, l’ambientazione in una sola location, la presenza di elementi soprannaturali e, soprattutto, la centralità delle nostre scelte, che spesso possono avere risvolti tragici. Sapevo di voler trasporre questo romanzo, ma ero consapevole di volerne realizzare una mia versione e non una trasposizione fedele”. 

E proprio rispetto alla grande differenza che esiste tra il finale del libro e quello scelto da Shyamalan per il suo film, il regista – senza fare spoiler! – ha aggiunto: “Non credo che i personaggi compiano una vera scelta alla fine del libro e secondo me la forza di quel racconto sta proprio nel fatto che, invece, dovrebbero prenderla. Positiva o negativa, giusta o sbagliata, non è questo che conta… Ma devono scegliere! Volevo che i miei personaggi venissero posti non solo di fronte ad una scelta, ma anche che avessero il coraggio di andare fino in fondo. Nel romanzo e nel film ci si interroga su cosa sia più importante – se la propria famiglia o il destino del mondo -, ma io volevo che alla fine i miei personaggi riuscissero a trovare una risposta e giungere ad una soluzione”.

Come ha specificato Shyamalan, però, l’idea di adattare il romanzo è maturata anche sulla scia degli ultimi terribili anni che abbiamo vissuto a causa della pandemia di Covid-19: “Trovare delle risposte, oggi come oggi, è ancora più difficile di quanto non lo fosse già in passato. E questo perché sia totalmente concentrati su noi stessi, siamo sempre più isolati. Se c’è una cosa che forse abbiamo imparato dall’emergenza sanitaria è che siamo tutti vulnerabili, non solo biologicamente, ma anche emotivamente. L’umanità ha raggiunto un punto critico e sono convinto che le scelte dell’uomo abbiano condizionato il corso della storia recente. Ecco perché non mi sembra che l’Apocalisse sia un concetto tanto lontano dalla realtà. Bisogna comprendere che ognuno di noi può fare qualcosa verso il prossimo”. 

Guarda il trailer ufficiale di Bussano alla porta

Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

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