Dopo un’uscita limitata nelle sale a maggio, naturalmente riservata solo agli Stati Uniti, arriva in streaming su Disney+ dal 19 luglio La ragazza del mare, pellicola biografica con protagonista Daisy Ridley (la ricorderete, probabilmente, come la Rey della nuova trilogia di Star Wars). Un dramma sportivo incentrato sull’epica impresa della nuotatrice americana Gertrude “Trudy” Ederle, prima donna a portare a termine la difficile traversata del canale della Manica nel 1926. Tratto dall’omonimo libro scritto da Glenn Stout, il film mette in scena una potente storia di rivalsa femminile quasi dimenticata, pronta per essere riconsegnata ai posteri attraverso il mezzo cinematografico. Abbiamo avuto occasione di parlarne con lo storico produttore Jerry Bruckheimer (Top Gun: Maverick, Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F), il regista Joachim Rønning (Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar, Maleficent – Signora del Male) e la stessa Ridley, non solo star indiscussa della pellicola, ma anche produttrice esecutiva.
Una storia, quella de La ragazza del mare, di cui Bruckheimer aveva comprato i diritti già nel 2009 sotto suggerimento dell’assiduo collaboratore Jeff Nathanson, futuro sceneggiatore del film: «Jeff Nathanson, uno sceneggiatore che ha lavorato con noi diverse volte, sull’ultimo Pirati dei Caraibi e anche su un paio di altri progetti, stava cercando qualcosa da far vedere alle sue figlie e non riusciva a trovare niente che gli andasse a genio. Quindi è andato in una libreria e ha trovato questo libro, intitolato “La ragazza del mare”, e ha pensato che fosse una fantastica storia ispiratrice. Ha avuto l’idea di comprarne delle copie anche per noi della produzione e lo abbiamo adorato. Ci siamo innamorati del soggetto e abbiamo, in seguito, coinvolto anche Joachim e Daisy. Ma, nel mentre, sono passati nove anni tra varie riscritture e il passaggio del progetto da uno studio all’altro. Alla fine siamo riusciti a concordare un budget che andava bene a tutte le parti coinvolte e, finalmente, siamo arrivati a realizzarlo. È stato un lungo viaggio, come è capitato anche con diversi altri progetti. Non è una cosa insolita».
Riraccontare un evento dimenticato
Oggi come oggi, la vicenda de La ragazza del mare, seppur eccezionale, è generalmente poco conosciuta, a meno che non si sia incappati nel libro di Stout o si sia fini conoscitori della storia degli atleti olimpici. Questione su cui il regista Joachim Rønning ha fatto qualche riflessione: «La storia dell’umanità è ricca di cosi tanti eventi che è normale che qualcosa si perda. Alcune persone, per quanto eccezionali, vengono dimenticate. Per questo abbiamo sentito quasi l’obbligo morale di riraccontare questa storia e di far riscoprire Trudy al mondo. Sono rimasto scioccato di non aver mai sentito parlare di questa vicenda io stesso, perché all’epoca dei fatti, quasi cento anni fa, fu un evento di rilevanza mondiale. In diversi modi, ha cambiato il mondo dello sport femminile per sempre. Inoltre, aveva tutto quello che cerco in una storia come regista. Ovviamente ha una forte carica drammatica, ma anche tanto calore, emozioni, umorismo e tensione. E tutto questo era già nelle pagine della meravigliosa sceneggiature di Jeff Nathanson. Mi sento onorato e sono davvero orgoglioso di aver preso parte a questa produzione. Un’occasione anche di rinarrare la storia di Trudy per le mie figlie e, in generale, per tutte le ragazze adolescenti del mondo».
L’attrice protagonista Daisy Ridley, per interpretare il ruolo de La ragazza del mare, ha dovuto portare avanti un lavoro di ricerca abbastanza difficoltoso, come testimoniato dalle sue stesse parole : «Qualcuno darà per scontato che sia disponibile tanto materiale su una donna che ha compiuto una simile impresa, ma in realtà non è questo il caso. Per la mia preparazione ho ovviamente letto il libro e ho cercato tutto il poco materiale reperibile. Comunque abbiamo lasciato spazio anche all’interpretazione, perché questa è una versione di quello che è accaduto. La traversata è un vero evento storico, ma naturalmente ci siamo presi qualche licenza creativa nel raccontarlo. L’ho presa come una magnifica opportunità di interpretare una persona veramente esistita, ma essendo anche conscia del fatto che noi non avremmo mai potuto conoscere davvero il personaggio e le sue dinamiche familiari. Come molti ben sanno, le dinamiche interne a una famiglia sono difficilmente comprensibili dall’esterno. Quindi abbiamo messo in scena una strabiliante vicenda storica, che è stata anche documentata, ma ci siamo presi la libertà di immaginare tutti questi altri rapporti interpersonali, per i quali ho attinto anche dalla mia esperienza, come il rapporto con le mie sorelle».

Il realismo delle scene di nuoto
Ma la forza dell’interpretazione della Ridley sta anche nelle scene di nuoto in mare aperto, di cui è stata protagonista in prima persona. Una scelta che ha donato al film un certo realismo e per cui l’attrice ha dovuto sostenere un’ardua preparazione fisica, come raccontato da Bruckheimer: «Penso che la realtà sia grandiosa quando la catturi per davvero sullo schermo. La trovo una scelta migliore di quella di affidarsi troppo al digitale. Spesso il pubblico lo nota, sente che c’è qualcosa che non va. Qui puoi davvero immedesimarti con lei, mentre è immersa in quell’acqua gelida ed è sferzata dal vento. Daisy si è allenata duramente per sei mesi con una nuotatrice olimpica, Siobhan-Marie O’Connor. È stata davvero brava. Erano presenti alcuni amici ad assistere alle riprese, anche loro nuotatori olimpici, e sono rimasti colpiti dalla sua performance. Girare la scena per davvero in mare aperto, con quell’acqua fredda e con lo stress che ne consegue, ha aiutato la sua interpretazione. Il fatto che abbia dovuto sopportare le stesse cose affrontate da Trudy, sommato allo stile di regia di Joachim, ha infuso al film una buona dose di realismo».
Sull’esperienza dell’ostica nuotata in mare aperto ha aggiunto la stessa Ridley: «Ricordo la prima volta che sono entrata in acqua; sono stata sopraffatta dalla corrente e dal freddo. Oltretutto, dovevo indossare solo un bikini come Trudy, non una muta. Mentre nuotavo, l’unica cosa che potevo sentire era il mio stesso respiro, ma ogni volta che alzavo la testa dall’acqua potevo vedere Joachim insieme agli altri membri del cast; Tilda (Cobham-Hervey, NdR), che interpreta mia sorella, Stephen Graham e Kim Bodnia. Era il gruppo di persone che anche nella storia sono chiamate a tenermi emozionalmente al sicuro. Poi, alla mia sinistra, c’era l’imbarcazione di sicurezza con Siobhan-Marie O’Connor insieme al team di trucco e parrucco e dei costumi. Quindi, in alcuni momenti mi sentivo davvero isolata, ma avevo intorno a me tutte quelle persone che mi sono sempre state vicine, sia dentro che fuori dalla finzione della storia. Soprattutto Siobhan, che mi ha allenato. Ho passato più tempo con lei che con chiunque altro e la sua presenza è stata di grandissimo supporto».