La settima arte cerca, da sempre, di fornire delle risposte ad un’annosa questione: è meglio l’Arte o la Vita? Un dilemma morale di natura filosofica che diversi registi hanno cercato di interpretare attraverso la propria sensibilità; tra questi, è impossibile non citare Federico Fellini e Woody Allen, che con i loro 8 1/2 e Stardust Memories hanno provato a compiere un viaggio nella crisi creativa della figura del regista, immerso nel bianco e nero della propria quotidianità e alle prese con fantasmi del passato, ambizioni perdute e lo scorrere inesorabile del tempo.
A quest’ultimi va aggiunto anche il Gabriele Salvatores de Il ritorno di Casanova, sua ultima fatica cinematografica nelle sale dal 30 marzo, un’opera densa e stratificata che si ispira liberamente al romanzo omonimo di Arthur Schnitzler per analizzare le contraddizioni dell’uomo e dell’artista, incarnate dal regista Leo Bernardi (interpretato da Toni Servillo), al centro di una complessa disputa filosofica: per un artista, il proprio universo creativo è forse più interessante della grigia quotidianità?
E Salvatores cerca di rispondere anche a questo creando contrasti grazie all’uso del bianco e nero e del colore, che contraddistinguono rispettivamente la vita di Bernardi e la densità delle avventure del Casanova che sta portando sullo schermo. Perché la figura del famoso seduttore si trasforma quasi subito in un doppelgänger, un doppio spettrale che – a specchio – vive lo stesso dramma del suo regista: il tempo scorre inesorabile e si cerca un patto faustiano per fermare l’attimo, magari attraverso l’eternità del cinema (che può essere più interessante della realtà).
E in questo complesso mosaico sono tante le tessere che circondano Bernardi, i personaggi che “abitano” il suo reale: donne-muse che lo hanno amato (Sara Serraiocco); fidati montatori nei panni di confidenti (Natalino Balasso) e giovani nemesi cinefile, come il regista Lorenzo Marino che incarna il nuovo che avanza, pronto a minacciare lo status quo. E in questi panni si cala Marco Bonadei, attore d’estrazione teatrale, alla seconda collaborazione illustre con Salvatores (dopo Comedians) che regala al personaggio quella profondità tipica dell’approccio al palcoscenico.
Un aspetto che ha caratterizzato tutte le sue apparizioni sul grande schermo, delle quali abbiamo parlato nel corso di una videointervista, ripercorrendo anche i temi cardine che animano Il ritorno di Casanova.
La sinossi ufficiale de Il ritorno di Casanova
Leo Bernardi è un affermato e acclamato regista alla fine della sua carriera, che non ha alcuna intenzione di accettare il suo lento declino. Per la sua ultima opera, Leo ha scelto di raccontare il Casanova di Arthur Schnitzler, un personaggio incredibilmente simile a lui, più di quanto lui stesso possa immaginare. Quello raccontato da Schnitzler è un Casanova che ha ormai superato la sua gioventù, i tempi di gloria sono andati: non ha più il suo fascino e il suo potere sulle donne, non ha più un soldo in tasca, non ha più voglia di girare l’Europa. Dopo anni di esilio, ha un solo obiettivo: tornare a Venezia, casa sua.
Nel suo viaggio verso casa, Casanova conosce una ragazza, Marcolina, che riaccende una fame di conquista che non sentiva da anni. Nel tentativo di sedurla, Casanova arriverà alla più tragica delle conclusioni: è diventato vecchio. Non è un caso se Leo Bernardi abbia deciso di raccontare questa storia proprio adesso, in un momento cruciale della sua vita e della sua carriera. Le inquietudini e i dubbi dei due sono incredibilmente simili. È più importante il Cinema o la Vita? Continuare a recitare il proprio personaggio o lasciarsi andare alle sorprese che la Vita ti propone?