mercoledì, Settembre 11, 2024
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Gomorra 5: Roberto Saviano e il cast presentano il gran finale

Gomorra, la serie cult, è giunta al capitolo finale: il cast e Roberto Saviano presentano la quinta stagione, dal 19 novembre su Sky e NOW.

Gomorra è pronta a tornare sul piccolo schermo con un’esclusiva stagione conclusiva, la quinta, che sancisce tanto la fine di un ciclo quanto di un’epoca. Il cult targato Sky Original e tratto dal romanzo omonimo scritto da Roberto Saviano (dalle cui opere è stata tratta anche la serie ZeroZeroZero) debutterà il prossimo 19 novembre in prima serata su Sky e in streaming su NOW, portando ancora una volta gli spettatori all’interno delle faide che dilaniano rapporti come quello tra Gennaro “Genny” Savastano e Ciro Di Marzio – rispettivamente interpretati da Salvatore Esposito (L’Eroe) e Marco D’Amore (Security) – prima fratelli e ora sempre più rivali e nemici.

Alla presenza della stampa sono stati presentati i primi due episodi della quinta stagione, che riprendono le fila narrative a partire dal tragico epilogo della quarta stagione e dai contenuti svelati nello spin-off L’Immortale, che vedeva protagonista solo Ciro in fuga da Napoli, attraverso la Lettonia. Dalla visione degli episodi a commentare insieme ai presenti quest’ultima fatica il passo è stato breve: head writers (Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli), CEO di Sky, produttori, registi – come Claudio Cupellini, presente nel progetto fin dalle origini, e Marco D’Amore stesso – e gli attori protagonisti Esposito, D’Amore, Ivana Lotito e Arturo Muselli hanno ripercorso la loro avventura nella serialità di Gomorra, sotto lo sguardo attento del creatore Roberto Saviano.

Tutti i presenti sono d’accordo su un punto: una serie come Gomorra è ormai un brand, un marchio legato ad un discorso qualitativo talmente alto da trainare la serialità italiana verso il mercato estero. L’intento di partenza, quando per la prima volta Saviano portò dal produttore di Cattleya Riccardo Tozzi un concept di serie intitolato “I Principi di Gomorra”, era quello di raccontare il mondo – e le sue contraddizioni – attraverso Napoli. E l’elemento che ha contraddistinto, fin dagli esordi, il progetto è stato proprio il coraggio: quello che ha animato la produzione e Sky, che hanno comunque deciso di investire in una serie (a sua volta coraggiosa) dal tema nerissimo, incentrata proprio sul male che è poi l’argomento più interessante di cui l’uomo discute fin dai tempi della tragedia greca. E sempre il coraggio ha animato Cattleya, Sky e soci nell’investire in un prodotto come Gomorra, coraggiosa (di nuovo) per via del genere e della sua sfida qualitativa. Ma è una scelta impavida anche quella di interrompere la serie sul più bello, all’acme narrativo di una quinta stagione ancora dal dirompente potenziale drammatico: secondo il produttore Tozzi

«Le stagioni finali delle serie di successo diventano parte integrante dei sentimenti provati dagli spettatori; spesso una serie è esaurita e si va comunque avanti solo in nome del successo. La nostra idea invece è quella di “morire da vivi”, arrivando fino alla fine con tutta l’energia del racconto, mantenendola intatta e lasciando qualcosa di “non detto”. Se le serie italiane oggi hanno una riconoscibilità superiore e una capacità di viaggiare soprattutto all’estero, è tutto merito di Gomorra che ha fatto capire il valore dell’esportazione di quello che viene considerato un nuovo tipo di serialità, che ha inaugurato a tutti gli effetti uno stile e un genere. La sua riconoscibilità immediata si è trasformata in un tratto distintivo, aprendo la strada a tanti nuovi prodotti audiovisivi. Gomorra ha aperto una nuova strada per le serie italiane, creando un sistema e facendo crescere il territorio di Napoli e dintorni».

La serie è indubbiamente un’eccellenza capace di raccontare stralci di realtà senza mai cadere nel tranello del giudizio, nella retorica o in una mera pedagogia che spinge a patteggiare per una parte o per l’altra: ne è convinto Roberto Saviano, che ha dichiarato come “la serialità chieda solo di essere ascoltata, non giudicata”. Proprio quello che è accaduto nel corso di queste cinque stagioni, evitando ogni compromesso di scrittura e narrando invece il racconto di una terra – la stessa dell’autore – e del suo personale strazio dell’anima: raccogliere quindi quelle storie quotidiane significa entrare nel cuore di persone straziate, dando loro una voce amplificata grazie alla drammaturgia.

«È difficile sintetizzare l’esperienza vissuta con Gomorra» ha dichiarato Saviano, «con i numerosi ostacoli incontrati durante il percorso per creare un racconto capace di concedere quella profondità e quel diritto alla complessità soprattutto per lo spettatore, narrando il più complesso – e oscuro – dei poteri schiacciato spesso dalla semplificazione della cronaca. La serialità nasce dall’obiettivo di ampliare il racconto di Gomorra attraverso un libro prima, poi un film, uno spettacolo teatrale e infine una serie. In tal modo, la serie si è trasformata in un racconto del potere, della sua responsabilità, mescolandolo con altri temi come la famiglia e la violenza: per come abbiamo trattato i personaggi di Genny, Ciro, delle loro (e delle altre) famiglie, tutto ricorda da vicino il dramma shakespeariano».

gomorra
Foto di Marco Ghidelli

Saviano ha poi continuato il discorso sul ruolo e la percezione di Gomorra all’estero: «Ormai nel mondo Gomorra è un’eccellenza e una garanzia, capace di raccontare il perimetro di Scampia ma di trasformarsi, allo stesso tempo, nella periferia di tutte le periferie del mondo: solo la serialità poteva permettere una cosa del genere, con la scelta di adattare il testo in dialetto per andare incontro ad una semplicità espressiva e comunicativa. Il nostro intento, inoltre, era quello di raccontare anche il nostro tempo e il mondo che ci circonda, dove o freghi oppure sei fregato, con i soldi e il potere che si trasformano nel sottotesto continuo che anima ogni personaggio della serie. Ma non c’è solo il male in Gomorra: ci sono personaggi positivi, ma solo l’ombra permette di vedere la luce e di intuire la crudeltà».

Saviano è l’artefice della creazione di Gomorra, ma indubbiamente il successo televisivo è stato garantito anche dagli attori che hanno prestato volti, corpi, dialetti e drammaticità ai loro transfert sul piccolo schermo: ad oggi, Ciro Di Marzio, Genny Savastano e sua moglie Azzurra quanto “Sangue Blu” sono entrati nell’immaginario collettivo, scolpendosi nella mente degli spettatori e creando delle vere e proprie maschere riconoscibili. Maschere che sembrano giungere dall’antica tradizione della Commedia dell’Arte italiana più che dalla tradizione neorealista-realista della stagione d’oro del nostro cinema: un’idea che non ha mai infastidito i protagonisti D’Amore ed Esposito, che hanno riflettuto anche sul ruolo che l’amicizia – nella vita reale e sullo schermo – ha giocato nel successo di Gomorra.

Marco D’Amore: «L’amicizia è stata il collante della serie fin dall’inizio, da quando ci siamo incontrati per la prima volta ai provini io e Salvatore: Stefano Sollima, regista della prima stagione, rimase talmente colpito dalla nostra chimica da determinare, in tal modo, anche gli esiti dei nostri personaggi sullo schermo. Il viaggio di Gomorra è stato, sul piano artistico e antropologico, come camminare in bilico su un filo sottile – parafrasando Goethe e la sua idea del teatro – ritrovandoci pericolosamente lanciati in questa nuova esperienza, mentre ci tenevamo tutti per mano. Ognuno di noi ha sentito la responsabilità dell’adattamento del libro di Saviano, ma anche la necessità di rivoluzionare e rinnovare un linguaggio seriale lontano dai concetti di facilità o semplicità. 

Il personaggio di Ciro mi ha scrollato di dosso numerosi pregiudizi verso la mia terra: dopo averlo interpretato, mi sono scoperto un uomo migliore e più comprensivo. Quando si parla di neorealismo, ammetto di non essere proprio d’accordo: il nostro è un lavoro sulla maschera. I personaggi di Genny e Ciro sono riconoscibili, noi siamo i nostri personaggi e non ci offendiamo se veniamo riconosciuti proprio per loro. Questo perché prestiamo le nostre maschere mettendole al servizio di tematiche asservite alla realtà, la stessa capacità che ha il libro di Saviano nel raccontare il mondo che ci circonda».

Salvatore Esposito: «Sul set di Gomorra abbiamo vissuto un’osmosi tra il personaggio e l’attore, tra la finzione e la realtà: alla fine di questo viaggio, tutti noi potremmo scrivere le emozioni e gli effetti che Gommorra ha avuto su di noi, visto che si è trattato di un viaggio bellissimo quanto faticoso, grazie al quale sono cresciuto tantissimo sia come uomo che come persona. Tutto ciò che abbiamo ricevuto è stato solo frutto del nostro lavoro e della collaborazione tra ognuno di noi, tanto da spingerci a provare una forma di malinconia e tristezza in vista della fine.

Ovviamente, il rapporto che lega Genny e Ciro nella quinta stagione di Gomorra è proprio come una storia d’amore: i due si sono fatti di tutto in questa versione gomorriana dei sentimenti che non sono quelli comuni a noi umani, perfino i loro comportamenti – come si salutano, come si parlano – sono frutto di un contatto fisico profondo, che li lega in modo indissolubile. È come la storia d’amore tra due persone che non riescono a stare troppo tempo lontane l’una dall’altra, basando il loro rapporto più sui non detti che su ciò che faranno».

Guarda il trailer della stagione finale di Gomorra

Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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