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Venezia 79: Ana de Armas evoca il “fantasma” di Marilyn Monroe in Blonde

A Venezia 79 è stato presentato Blonde, il biopic di Andrew Dominik incentrato su Marilyn Monroe, interpretata nel film da Ana de Armas.

È arrivato il momento delle grandi icone della Settima Arte a Venezia 79: sul Lido, infatti, è sbarcato il regista Andrew Dominik insieme ad Ana de Armas (Cena con Delitto – Knives Out, Blade Runner 2049, Acque Profonde), protagonista indiscussa di Blonde, il biopic su Marilyn Monroe tratto dal romanzo di Joyce Carol Oates.

Un’opera letteraria che già mescolava realtà e immaginazione nelle sue premesse, tracciando la linea narrativa ideale seguita anche da Dominik nell’adattamento cinematografico, sospeso tra la vita della vera Norma Jean e il patinato universo (narrativo) di Marilyn Monroe, attrice e icona immortale. Accanto al regista e alla protagonista, erano presenti alla conferenza stampa di presentazione anche gli attori Adrien Brody e Julianne Nicholson, raggiunti poi sul red carpet dal produttore Brad Pitt.

Andrew Dominik ha coltivato il sogno di un biopic per ben undici anni: un lasso di tempo ingente nel corso del quale il regista ha avuto tutto il tempo di trovare l’attrice giusta per il ruolo, anche se aveva già la sua favorita: ovvero Ana de Armas, che lo aveva folgorato dopo una visione casalinga di Knock Knock. «Ho pensato subito che somigliava molto a Marilyn» ha commentato, «aveva alcune caratteristiche che me la ricordavano e che le permettevano di brillare sullo schermo. Il mio è stato un po’ come un amore a prima vista, per il quale basta semplicemente un minuto». Un sentimento reciproco provato sia dal regista che dall’interprete cubana, che ha preso subito parte alle audizioni con un’idea ben precisa: somigliare il più possibile alla Monroe, ma non tanto per impressionare Dominik, quanto per sentirsi, effettivamente, nei panni dell’attrice e fare colpo su tutti gli altri presenti.

La de Armas ha percepito, infatti, la presenza della Monroe nel corso delle riprese: come una sorta di fantasma, di apparizione che continuava ad accompagnarli di giorno in giorno, contenta forse di assistere alla rappresentazione di qualcosa di più grande e speciale ma sempre, comunque, al suo servizio. «Ho pensato solo a lei mentre giravamo» ha confessato l’attrice, «ero arrivata perfino a sognarla e a parlare solo di lei: credo che Marilyn fosse felice di tornare negli stessi luoghi dove aveva vissuto. Credo che abbia approvato la grande fatica e il lavoro mastodontico dietro Blonde: io, ad esempio, mi rendevo conto che per quanto non fossi sempre nel personaggio, una volta finite le riprese giornaliere mi sembrava di vivere realmente quel peso, quella tristezza e quella costante sensazione di avere il cuore eternamente spezzato; potevo sentirle sulle mie spalle, ma non ho mai cercato di liberarmi di quelle sensazione. Ho accettato tutto questo come se accadesse proprio a me. Ho partecipato a questo film come dono verso me stessa, per spingermi oltre e non per far cambiare idea agli altri su di me: sarà un’esperienza che porterò per sempre con me, perché comunque vada… mi ha cambiato la vita».

Per Dominik portare Blonde dalla carta agli schermi delle sale di Venezia 79 non è stato facile: nel corso degli anni, trovare dei produttori decisi ad investire nel progetto si è rivelata una vera sfida, almeno fino all’incontro con Brad Pitt e all’appoggio definitivo di Netflix, che introdurrà il film nel suo ricco catalogo a partire dal 28 settembre. Ma forse la vera difficoltà è stata quella di creare un doppio binario narrativo capace di mostrare tanto il privato di Norma Jean quanto il lato pubblico – e più famoso – della biondissima Marilyn; due velocità che hanno influenzato anche la de Armas e la sceneggiatura stessa del film.

Ana de Armas: «La maggior parte di Blonde si concentra sulla figura di Norma Jean; è sua la storia narrata. Poi, di certo, che anche Marilyn Monroe e le due finiscono per coincidere ma solo perché sono la stessa persona. Trovare un equilibrio tra i due personaggi non è stato facile, perché entrambi hanno bisogno l’uno dell’altro; un aspetto difficile da spiegare, ma che si rivela come un fortissimo collegamento emotivo. Quello per interpretare Marilyn in Blonde è stato un processo lungo e immersivo: prima non ero molto consapevole della figura dell’attrice, conoscevo solo alcuni dei suoi film. Partendo dal libro, per poi passare alla sceneggiatura e alle chiacchierate con Andrew, per me si è trattato di un lungo viaggio di scoperta e di un profondo processo di apprendimento.

Blonde è incentrato soprattutto su quei momenti che conosciamo poco, quelli più intimi e personali che si muovevano una volta che si spegnevano le cineprese. Ho cercato, quindi, di ritagliarmi molto spazio per creare la donna reale dietro quel personaggio, partendo dai suoi dolori e dai suoi traumi. Se mettiamo da parte il suo lato da star del cinema, era solo una donna come me, del resto: una semplice attrice. Sapevo che questo progetto mi avrebbe richiesto di aprirmi e di arrivare in alcuni luoghi oscuri dove alberga un gran senso di vulnerabilità. Un altro aspetto che è emerso, poi, dopo le riprese di Blonde è legato alla mia empatia che è cresciuta verso tutti quegli attori che si ritrovano in certe situazioni: la pressione si avverte a causa dei mass media, e nessuno è mai davvero pronto ad affrontare il danno che possono arrecare. C’è una grande pressione sociale legata alle aspettative che la gente proietta su di te: così, ho imparato a proteggermi di più e ad evitare di cacciarmi in alcune situazioni».

Blonde è stato definito, dal suo stesso regista, come una sorta di “seduta spiritica” per evocare lo spirito di un’icona che racconta una nuova declinazione delle storie sull’ansia al femminile, in una narrazione che affonda le proprie radici perfino nel cinema di Alfred Hitchcock, tra sogni, desideri e perturbanti che hanno scandito la sua breve esistenza (come non pensare, ad esempio, al tema della maternità?). E tra i vari personaggi reali che hanno affiancato Marilyn, non manca il drammaturgo Arthur Miller, nei cui panni si è calato un istrionico Adrien Brody, anche lui presente a Venezia 79:

«Adoro da sempre Marilyn Monroe, in parte perché sono molto consapevole del grande divario che intercorre tra i suoi drammi interiori e l’adulazione del pubblico, il rispetto e il riconoscimento che provavano verso di lei: nonostante tutto, non si era mai spento quel desiderio di essere creativa, apprezzata e realizzata per il suo lavoro ed è questo un tema sentito, ancora oggi, da molti attori. Il mio personaggio è la rappresentazione di un uomo che ha avuto un rapporto intimo con Marilyn, e credo proprio che quel legame non fosse privo di complessità; e con la mia interpretazione cerco proprio di rispettarle, grazie soprattutto allo spazio che Andrew ha dato agli attori, creando per noi un luogo sicuro».

Blonde arriverà il 28 settembre su Netflix.

Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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