Guarda in Alto è il frutto della passione e della caparbietà del giovane Fulvio Risuleo, che dopo i passaggi al Festival di Cannes con i suoi cortometraggi Lievito Madre e Varicella (con i quali ha vinto il terzo premio nella sezione Cinéfondation e nella sezione Semaine de la Critique), approda con la sua opera prima a RomaFF12 nella sezione Alice nella Città.
Protagonista del lungometraggio è Giacomo Ferrara, attore di punta grazie alla partecipazione in Suburra e in Suburra – La Serie nel ruolo chiave di Spadino, oltre che co-protagonista a fianco a Luca Argentero e Claudio Amendola ne Il Permesso-48 Ore Fuori.
Li abbiamo intervistati per fare quattro chiacchiere a proposito del film, del loro rapporto con la Città Eterna, con la letteratura e il tema della “meraviglia”.
Il viaggio mostrato in Guarda in Alto è una sorta di… Alice nel Paese delle Meraviglie in chiave psichedelica e, soprattutto, ambientato a Roma. Da dove nasce quindi l’idea per questo on the road sui tetti, molto più “upperground” che “underground”?
Fulvio Risuleo: «L’idea nasce principalmente ispirata dal fatto che vivo a Roma e stavo già scrivendo, tempo fa, una storia ambientata quindi nella mia città; ma ero alla ricerca di un punto di vista completamente diverso per raccontare il viaggio compiuto dal protagonista sia a livello esteriore, ma soprattutto interiore, senza però allontanarmi troppo; così, osservando i tetti di Roma che non hanno bisogno di essere spioventi perché non piove mai e sono perfettamente abitabili, mi è venuto in mente che un film ambientato proprio… lassù, fosse il miglior modo per raccontare la storia che avevo in testa, il viaggio di Teco e le vite degli altri personaggi che incontra, e che vediamo filtrati attraverso il suo personalissimo sguardo.»
A proposito di Teco: Giacomo, tu sei passato abilmente da Suburra, dove vivi l’underground, i bassifondi e il sottobosco romano, ai tetti spaziosi proiettati verso il cielo che popolano Guarda in Alto. Com’è stato questo passaggio?
Giacomo Ferrara: «In realtà è stato l’opposto perché ho girato prima Guarda in Alto e poi Suburra, saltando letteralmente dall’alto… verso il basso! Sono due punti di vista completamente diversi e due modi diversi di percepire e vivere la città. Questa città la puoi prendere in modi diversi e non raccontarla comunque mai fino in fondo, ed è proprio questo il suo punto di forza maggiore legato all’impossibilità di raccontarla in un unico modo, fino in fondo.»
Guarda in Alto: la nostra intervista a Fulvio Risuleo e Giacomo Ferrara
Per te che non sei romano (è nato in Abruzzo, Nda) come vivi appunto il rapporto con la Città Eterna?
GF: «Beh, è un rapporto sicuramente bello perché Roma mi ha accudito, allevato: ormai vivo qui da otto anni ed è a tutti gli effetti la mia casa, anche se non rinnego nulla del mio passato e delle mie origini alle quali sono sempre molto affezionato. È una città dal grande cuore, anche perché secondo me viene raccontata molto spesso nel cinema, perché c’è sempre £tanta roba” da narrare, a partire proprio dalla persone che ci vivono fino alla storia nella quale è immersa e dalla quale è circondata.»
Fulvio e Giacomo, secondo voi Guarda in Alto può essere definito come una “Grande Bellezza delle Meraviglie”, visto che proprio la meraviglia sembra, nel finale, essere l’unica macro-chiave di lettura per il viaggio vissuto da Teco?
FR: «Facciamo piuttosto una… “Grande Meraviglia”, visto che confesso di non essere troppo interessato alla bellezza generalmente; o meglio, credo che nella percezione comune sia legato a qualcosa di appariscente e di impatto; per me invece il senso della bellezza si annida nello strano, nello “sporco”, tant’è vero che i tetti scelti sono quelli più grigi, pieni di antenne; quindi la bellezza è un concetto molto soggettivo in effetti.»
«Guarda in Alto è un ritorno al mondo del sogno: è proprio questa la formazione, il ritornare bambini pur rimanendo sempre sé stessi, spinti dalla curiosità a compiere una grande avventura.»
Ma Guarda in Alto è anche una sorta di romanzo di formazione, una cronaca di una giornata che si trasforma nell’epopea di una vita e in un percorso di crescita.
FR: «Il racconto di formazione è un genere a sé nel cinema; tanti registi, infatti, lo scelgono infatti per la loro opera prima. Ho accettato con difficoltà e qualche perplessità però la “formazione” effettiva legata a Teco: il protagonista si forma nel corso del film trasformandosi in un esploratore, ma in realtà non si trasforma in qualcos’altro, non cresce, non matura nell’arco narrativo; si limita piuttosto ad esplorare. Questo film per me rappresenta l’inizio di una possibile vita del protagonista, perché non capisce semplicemente qualcosa di sé stesso che lo porta a migliorare; capisce soltanto che vivendo in modo più libero e seguendo i propri istinti può trovare qualcosa di più interessante rispetto alla routine e agli obblighi nei quali è rimasto ingabbiato.»
GF: «Assolutamente, Guarda in Alto è un ritorno al mondo del sogno: è proprio questa la formazione, il ritornare bambini pur rimanendo sempre sé stessi, spinti dalla curiosità a compiere una grande avventura, come quella che vive Teco nel corso del suo viaggio.»