sabato, Marzo 22, 2025
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Zhang Yimou: la donna, un fiore che non può dischiudere i suoi petali

Una fotografia della Cina, un Paese in continuo contrasto tra tradizione millenaria e riscrittura delle propria identità, alla luce di un avvicinamento reciproco con l’Occidente. Zhang Yimou è stato definito il padre del nuovo cinema cinese, quella nouvelle vague che rivendica la necessità di una forma espressiva lontana dalle barriere della dittatura, aperta al confronto con cinematografie straniere, ma che non rinuncia a fare del grande schermo un riflesso del proprio Paese. Alle porte dell’arrivo nelle sale del suo ultimo film, The Great Wall, analizziamo un tema molto caro al regista orientale: la centralità della figura femminile come rottura con la tradizione.

Le sue protagoniste sono donne coraggiose e spregiudicate, portatrici di pulsioni, istinti ed eros avulse dalla figura classica della donna nella cultura cinese. Eroine che, se in un primo momento sembrano riscattate da una figura maschile, affermano infine prepotentemente la loro identità. La passione che accompagna queste donne viene spesso sottolineata dalla presenza del rosso, colore predominante nei film di Zhang Yimou. Il regista stravolge il simbolismo cromatico legato alla politica rivoluzionaria di Mao Zedong associando il rubino al sangue, al fuoco e alla vita.

Sorgo Rosso, oltre ad essere il primo film della Repubblica cinese ad avere larga distribuzione in Occidente, si fa pioniere delle suddette tematiche. Una giovane fanciulla, Nove Fiori, è costretta per denaro a sposare il vecchio e malato proprietario di una distilleria. La donna fa di tutto per non concedersi al marito, allacciando i rapporti con un giovane facchino che, innamoratosi di lei, uccide l’anziano e reclama la giovane per sé. La ragazza si concede all”uomo che l’ha salvata da quel destino, ripudia i genitori e si mette a capo della distilleria. Quando le truppe giapponesi invadono la Cina, incluso il villaggio dove vive Nove Fiori, quest’ultima organizzerà la resistenza, morendo per la libertà del suo paese.

Anche Jun Do, film dalla distribuzione complicata a causa delle scene erotiche e dal clima di decadenza che (a dette dei censori) lo pervade, è incentrato su una donna che non ha libertà di vivere i propri sentimenti in un rigido contesto sociale. La donna è sposata ad un uomo che non ama e la maltratta. Un giorno giunge un ospite del marito con il quale intrattiene una relazione clandestina, dalla quale nascerà un figlio. La conclusione si rivela piuttosto tragica, come a sottolineare quanto sia difficile, ancora una volta sottrarsi alle pressioni sociali. Una seconda volta il colore si fa elemento fondamentale del racconto, con toni che vanno dal rosso porpora al giallo oro nel pieno della relazione clandestina, fino a virare nei toni lividi e cupi del finale.

la storia di qiu ju

Zhang Yimou: la donna, un fiore che non può dischiudere i suoi petali

Lanterne Rosse, film che vale a Yimou il Leone d’argento a Cannes (grazie anche all’interpretazione di Gong Li, sua musa e compagna) mette di nuovo sotto accusa l’ordine patriarcale orientale. L’ambientazione è la Cina pre-rivoluzionaria e il tema il rapporto tra i sessi. Una studentessa universitaria abbandona gli studi per sposare un anziano facoltoso, che ha altre tre mogli al suo servizio. Le lanterne rosse del titolo vengono accese e messe di fronte alla porta della signora con cui l’uomo passerà la notte. Le donne fanno a gara per avere l’esclusiva sullo sposo e nasce una feroce rivalità che sfocia in un amaro finale. Inquadrature molto studiate, quasi claustrofobiche, per sottolineare come i cerimoniali e la tradizioni soffochino la sfera affettiva.

Si dice che La Storia di Qiu Ju sia il punto di arrivo della “quadrilogia femminile”, un film che apre a Zhang le porte della contemporaneità, premiato con il prestigioso Leone d’oro a Venezia. La vicenda narra di una contadina incinta che pretende giustizia dal capovillaggio dopo che quest’ultimo ha offeso suo marito e gli ha sferrato un calcio nei testicoli. La donna è determinata ad ottenere giustizia, così si reca in città per far valere le proprie ragioni. Alla fine il capovillaggio si farà perdonare aiutando Qiu Ju a partorire. Ma, grazie a un finale a sorpresa, sarà finalmente la donna ad avere la meglio.

Zhang Yimou anche in film più recenti, come La Strada Verso Casa o I Fiori della Guerra, analizza ancora una volta la donna, spesso funzionale alla critica contro la struttura patriarcale così come simbolo di paura e disorentiamento dell’individuo di fronte all’autorità, a una tradizione troppo radicata, a un popolo dalla storia complicata e che cerca di trovare ancora risposte a tante domande. Una Cina che cerca faticosamente di trovare un equilibrio fra ciò che è stata e ciò che è, per provare a determinare ciò che sarà.

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Redazione
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