sabato, Marzo 22, 2025
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The Social Network: curiosità sul film di David Fincher

Quando The Social Network approda nelle sale, Facebook conta 500 milioni di iscritti in tutto il mondo ed è valutato 25 miliardi di dollari. Corre l’anno 2010: il social network ideato e creato da Mark Zuckerberg è agli albori e con un destino ancora tutto da scrivere. Stavamo assistendo alla nascita di un fenomeno epocale, che avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di interagire con gli altri? Oppure, più semplicemente, eravamo invischiati in una moda passeggera, destinata a scoppiare come una bolla di sapone?

Che lo scopo di David Fincher (Se7en, Fight Club, Zodiac, l’attesissimo Mank) non fosse quello di rispondere a queste annose (e probabilmente sterili) domande è chiaro sin dall’incipit del film: un dialogo, progressivamente sempre più concitato, tra una coppia di giovani fidanzati. Non ci sono silenzi né pause. Tutto lo spazio della conversazione è occupato da due linee di ragionamento destinate a non incontrarsi mai: due bombe ad orologeria che presto spazzeranno via un rapporto, in una deflagrazione che farà sentire la propria eco per tutta la durata del film.

Il tocco di Aaron Sorkin (Codice d’onore, La guerra di Charlie Wilson, Il processo ai Chicago 7), autore della sceneggiatura del film, è inconfondibile sin dal principio. Sorkin, già all’epoca uno dei più quotati sceneggiatori di Hollywood, scrive per il cinema e per la televisione. Il suo nome è spesso – e a ragione – associato alla fortunata serie televisiva West Wing – Tutti gli uomini del presidente: Sorkin è il principale artefice (essendone sia creatore che produttore esecutivo) di quello che è considerato, ancora oggi, un classico della serialità contemporanea. Un precursore dell’altrettanto fortunata House Of Cards e quindi, per esteso, di una certa modalità di concepire l’intrattenimento per il piccolo schermo. Il percorso tracciato da Sorkin è nel segno dell’impegno intellettuale; un engagement così potente da coinvolgere anche lo spettatore più apatico, chiamato – quasi a sua insaputa – a riflettere su temi scottanti e quesiti morali non di poco conto.

The Social Network, ad uno sguardo disattento, sembrerebbe un film sulla genesi di uno dei più grandi e riusciti strumenti di comunicazione dell’era contemporanea. Il film di David Fincher, tuttavia, riflette sull’altra faccia della medaglia, quella più oscura, più problematica, più inaccettabile da parte dell’utente medio. L’arguzia e la musicalità dei dialoghi di Aaron Sorkin sono infatti al servizio della vera protagonista del film: l’incomunicabilità.

Il Mark Zuckerberg magistralmente tratteggiato dal talentuoso Jesse Eisenberg non è simpatico. È poco empatico, poco sincero, poco corretto. È a metà tra il sociopatico e il complessato. È perennemente sulla difensiva. Non comprendiamo esattamente da che cosa sia mosso: cieca dedizione alla sua visione? Desiderio di riscatto? Sete di vendetta verso coloro che non sono mai riusciti a comprenderlo veramente? Certamente si muove come un rullo compressore, passando sopra ad amicizie e amori. Nessuno viene risparmiato: né la fidanzata Erica (Rooney Mara), né l’amico e collaboratore Eduardo Saverin (Andrew Garfield), né tantomeno i gemelli Winklevoss (Armie Hammer), che oltre a personificare tutto ciò che Mark non è mai stato e mai potrà essere, si macchiano dell’affronto più grande: sottovalutarlo.

Mark Zuckerberg è, apparentemente, privo di etica. E non a caso, l’unico personaggio che sembra guardare con un certo rispetto è Sean Parker (Justin Timberlake), creatore di Napster e quindi famoso per aver fatto soldi alle spalle delle major discografiche. Chi è veramente Sean Parker? Un furbetto disonesto? O un ribelle rivoluzionario, sorta di Robin Hood del XX secolo? Napster, proprio come Facebook, si basava su un’intuizione tanto semplice quanto geniale, l’idea della gratuità, della condivisione facile e senza sforzo. Parker, Zuckerberg e molti altri “inventori” contemporanei possiedono in realtà un’etica, per quanto sui generis e circoscritta geograficamente alla Costa Ovest degli Stati Uniti (e più precisamente a Palo Alto): l’etica del visionario, di colui che riesce a intravedere un’opportunità vincente laddove qualcun altro non scommetterebbe un centesimo. Viene in mente un altro nome ingombrante: Steve Jobs. Notoriamente antipatico e scorretto, Steve Jobs verrà ricordato per ben altro: la grandezza della sua visione.

Sorge spontaneo domandarsi se Mark Zuckerberg sia davvero come viene descritto e se i fatti narrati siano completamente aderenti alla realtà. The Social Network prende le mosse da due procedimenti giudiziari intentati rispettivamente dai fratelli Winklevoss (che accusarono Zuckerberg di furto intellettuale) e da Eduardo Saverin (il primo socio di Zuckerberg, brutalmente tagliato fuori dall’azienda). La sceneggiatura di Sorkin è adattamento del libro Accidental Bilionaires di Ben Mezrick, che racconta la fondazione di Facebook dal punto di vista di Eduardo Saverin. Le informazioni fornite da questa fonte sono arricchite da una serie di interviste ai protagonisti della vicenda, alcune già di dominio pubblico, altre svolte da Sorkin in persona. L’eterogeneità dei punti di vista rende la narrazione sfaccettata e la apre, programmaticamente, a numerosi punti di domanda (spesso lasciati irrisolti) sulla veridicità dei fatti esposti dalle varie parti in causa.

Fincher e Sorkin non mirano a stabilire chi abbia ragione e chi torto ma piuttosto a fornire uno spaccato sociale. E a raccontare, quasi con una certa ironia, di come il social network per eccellenza (votato, illusoriamente, a costruire pacifici rapporti sociali tra gli utenti iscritti) sia nato in un ambiente saturo di colpi bassi, fraintendimenti e futili schermaglie amorose. Un ambiente il cui fulcro, ça va sans dire, è proprio Mark Zuckerberg. Arrogante, certo, ma anche profondamente insicuro. Intento, per tutta la durata del film, a dimostrare la veridicità del monito della sua ex fidanzata, quasi si trattasse di una profezia che si autoavvera: “Passerai la vita a pensare che non piaci alle ragazze perché sei un nerd. E io posso dirti dal profondo del mio cuore che non sarà per questo: non piacerai perché sei un grande stronzo”. Mark Zuckerberg è veramente così? Poco importa. Il personaggio interpretato da Jesse Eisenberg che, a conclusione del film, afferma di non essere una cattiva persona (dopo aver fatto di tutto per dimostrare il contrario), non è meno umano e fallibile di tanti utenti iscritti a Facebook: alla perenne ricerca di approvazione e magari di qualcuno che, proprio come la giovane avvocatessa interpretata da Rashida Jones, riesca ad andare oltre la prima impressione.

Il 2020 segna il decimo anniversario di The Social Network e il sedicesimo della nascita di Facebook. Mark Zuckerberg è al settimo posto tra gli uomini più ricchi del mondo. Facebook è in continua crescita: merito anche della lungimiranza del suo fondatore, che negli anni ha acquisito Instagram (2012) e Whatsapp (2014), accorpandoli alla compagnia. Per l’occasione, vi proponiamo 10 curiosità sul film.

Shia LaBeouf rinunciò al ruolo da protagonista

Shia LaBeouf era prima scelta di David Fincher per interpretare Mark Zuckerberg in The Social Network. Jesse Eisenberg entrò nel cast soltanto dopo la rinuncia da parte del protagonista di Transformers. Per il ruolo di Sean Parker, poi assegnato a Justin Timberlake, fu invece preso in considerazione Jonah Hill.

Nessuna scena è stata girata ad Harvard

La prima parte di The Social Network è interamente ambientata nel campus della Harvard University. Nessuna scena, tuttavia, fu realmente girata all’interno del prestigioso college della Ivy League. La policy dell’Università, infatti, non lasciò spazio ad alcun tipo di trattativa con gli autori del film. L’ultima pellicola girata interamente ad Harvard è Love Story (1970), la cui produzione causò ingenti danni all’interno della struttura. Fortunatamente, la troupe guidata da David Fincher ha potuto “ripiegare” su altri college esteticamente simili ad Harvard, tra cui la Johns Hopkins University (Massachusetts).

Lo stratagemma di David Fincher

Per dare un tocco più realistico all’ambientazione del film, Fincher decise di correre un piccolo rischio. In una delle prime scene di The Social Network, Mark Zuckerberg attraversa una piazza: la Harvard Square, posta all’esterno del college e quindi esente dal veto precedentemente imposto alla produzione del film. Per illuminare al meglio la sequenza, però, era necessario accedere ad alcune aree precluse alla troupe. Fincher pensò di servirsi di un piccolo carrello dotato di illuminazione e di farlo guidare da un mimo, che avrebbe finto di eseguire una performance all’interno della zona vietata per non dare troppo nell’occhio. E se lo avessero beccato? “Se la sicurezza lo avesse fermato, lui non avrebbe potuto dire niente, trattandosi di un mimo. Nel tempo che avrebbero impiegato ad accompagnarlo fuori, noi avremmo potuto portarci a casa la ripresa”, ha raccontato Jeff Cronenweth (direttore della fotografia e storico collaboratore del regista) in un’intervista a Variety.

Il doppio di Armie Hammer

In The Social Network, Armie Hammer è accreditato come interprete di entrambi i gemelli Winklevoss. Sul set, Hammer ha vestito – per ovvie ragioni! – i panni di uno solo dei due fratelli. Accanto a lui, infatti, recitava l’attore Josh Pence. Fincher, in fase di post-produzione, si servì di sofisticati effetti speciali per “incollare” il volto di Armie Hammer sul corpo dell’altro interprete. In un’intervista all’Huffington Post, Josh Pence racconta di aver ottenuto il ruolo dopo innumerevoli provini e senza che, in prima battuta, gli venisse comunicata la verità. Quando il regista gli spiegò la natura del suo ruolo all’interno del film, Pence accettò comunque la parte. L’attore venne trattato (anche economicamente) alla stregua degli altri protagonisti del film, pur limitandosi ad interpretare soltanto un “corpo” senza volto.

Aaron Sorkin doveva dirigere il film

In origine, era previsto che Aaron Sorkin fosse il regista del film. In un’intervista rilasciata al The Hollywood Reporter, Fincher racconta che il produttore Scott Rudin gli propose di dirigere The Social Network a pre-produzione già avviata. Nel giro di appena tre giorni e dopo essersi assicurato che Aaron Sorkin fosse d’accordo, David Fincher si trovò a capo del progetto. Il debutto di Aaron Sorkin dietro la macchina da presa sarebbe arrivato nel 2017, con il film Molly’s Game.

Il cameo di Aaron Sorkin…

I più attenti avranno sicuramente riconosciuto il cameo di Aaron Sorkin all’interno del film: il dirigente di azienda che accoglie a colloquio Mark Zuckerberg ed Eduardo Saverin per valutare se concedergli dei finanziamenti è interpretato proprio dallo sceneggiatore del film.

…e il cameo di Tyler Durden!

In una scena del film, Mark Zuckerberg – impegnato in un test di storia dell’arte per il quale non ha studiato – confessa all’amico Eduardo di aver chiesto aiuto agli utenti del neonato Facebook. Il profilo fake creato ad hoc appartiene ad un “certo” Tyler Durden, il cui nome è chiaramente visibile sullo schermo. Tyler Durden, per i pochi che non lo sapessero, è uno dei personaggi principali di Fight Club, film cult diretto proprio da David Fincher nel 1999.

La famosa attrice che studiò ad Harvard

In una battuta del film, si allude ad una misteriosa star del cinema che avrebbe studiato ad Harvard negli stessi anni in cui hanno luogo i fatti narrati. Ma di chi si tratta? Il riferimento è a Natalie Portman. L’attrice, che frequentò il college tra il 1999 e il 2003, ha effettivamente contribuito alla scrittura del film, fornendo ad Aaron Sorkin importanti informazioni sulla vita all’interno del campus.

Il disappunto di Mark Zuckerberg

Il ritratto di Mark Zuckerberg fatto da David Fincher in The Social Network non è certo edificante. Il fondatore di Facebook ha espresso numerose perplessità sul film, in particolare sulla descrizione delle motivazioni che lo avrebbero spinto a concepire il celeberrimo social network. Zuckerberg, come molti di coloro che ruotano attorno alla Silicon Valley, ha creato per il puro gusto di creare: questo, secondo lui, sarebbe il principale fraintendimento contenuto all’interno del film. Nessun dramma amoroso, insomma: il naufragio della sua relazione con la fidanzata dell’epoca è puramente finzionale.

Un possibile sequel del film

A dieci anni di distanza dall’uscita di The Social Network, la possibilità di girare un sequel del fortunato film non è del tutto esclusa. Aaron Sorkin, come riferisce The Hollywood Reporter, si è detto particolarmente interessato ad approfondire le tematiche contenute nel libro Zucked, scritto nel 2019 da Roger McNamee, uno dei primi investitori della compagnia fondata da Mark Zuckerberg. McNamee, nel porre l’accento sul pericoloso impatto che Facebook può avere sulla tenuta democratica della società, è particolarmente critico nei confronti di Mark Zuckerberg e di Sheryl Sandberg (l’attuale direttrice operativa di Facebook). Aaron Sorkin ha dichiarato tuttavia che scriverebbe la sceneggiatura ad una sola condizione: a dirigere il film dovrà esserci, ancora una volta, David Fincher.

Annalivia Arrighi
Annalivia Arrighi
Appassionata di cinema americano e rock ‘n’ roll | Film del cuore: Mystic River | Il più grande regista: Martin Scorsese | Attore preferito: due, Colin Farrell e Sean Penn | La citazione più bella: “Questo non è volare! questo è cadere con stile!” (Toy Story)

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