Forse non tutti ricordano che, una volta, Disney dovette far fronte ad un periodo di crisi che – nello specifico – colpì la divisione dello studio dedicata all’animazione. Fortunatamente, quel periodo buio venne ampiamente superato grazie al successo riscosso dall’uscita nelle sale di tutto il mondo de La sirenetta, il 28° Classico Disney, artefice di un processo di forte rivitalizzazione che interessò nel profondo la produzione animata della multinazionale e che di fatto aprì la strada alla cosiddetta era del “Rinascimento Disney” (periodo che va dal 1989 al 1999, considerato ancora oggi come uno dei migliori della Casa di Topolino).
Ma cosa accadde nello specifico? A partire dagli anni ’70 e per tutti gli anni ’80, Disney attraversò un’imprevedibile fase di preoccupante declino, dovuta essenzialmente allo scarso successo che ottennero i suoi film d’animazione al botteghino, che piano piano si tradusse non solo in un’accoglienza sempre più tiepida da parte della critica, ma anche in una serie di importanti difficoltà finanziarie. In particolare, gli incassi deludenti di ben quattro film – tutti usciti negli anni ’80 – sembravano aver sancito definitivamente la fine di un percorso che fino a quel momento era stato a dir poco luminoso: Red e Toby nemiciamici del 1981 (63.5 milioni di dollari), Taron e la pentola magica del 1985 (21.3 milioni), Basil l’investigatopo del 1986 (38.6 milioni) e Oliver & Company del 1988 (74.2 milioni).
Durante questo periodo, Disney iniziò anche a dover gestire la pressione derivante dal boom che ottennero tutta una serie di studi rivali che decisero di puntare sul mondo dell’animazione, tra cui Universal, che a partire dalla metà degli anni ’80 mise a segno due grandissimi successi finanziari: Fievel sbarca in America (1986) e Alla ricerca della valle incantata (1988). Per quanto i 74 milioni di dollari incassi da Oliver & Company rappresentarono comunque un buon risultato, quella cifra non era di certo paragonabile – ad esempio – agli incassi ottenuti da Disney durante la cosiddetta “Epoca d’oro“, che temporalmente si colloca tra il 1937 e il 1949 (al netto dell’inflazione, un film come Biancaneve e i sette nani vendette biglietti per un valore di 1.011 miliardi di dollari).
Il pubblico era stanco dell’animazione tradizionale?
Nel complesso, Disney riuscì a rimanere a galla in quel periodo e a sbarcare comunque il lunario grazie al successo di alcuni titoli a marchio Touchstone Pictures (creato nel 1984 ma in disuso dal 2018) come Splash – Una sirena a Manhattan (69.8 milioni di dollari), Il colore dei soldi (52.3 milioni di dollari) e, soprattutto, Chi ha incastrato Roger Rabbit (329.8 milioni), e di altri film come Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi (222 milioni).
Tuttavia, sul versante dell’animazione, per un lungo periodo Disney non riuscì più a raggiungere successi paragonabili – ad esempio – a quello de Il libro della giungla del 1967 (378 milioni di dollari, sempre al netto dell’inflazione e tenendo conto anche delle riedizioni). Di conseguenza, il declino dei film animati targati Disney aveva spinto non solo i critici ma anche gli analisti del settore ad interrogarsi su una questione ormai annosa: il pubblico era stanco dell’animazione tradizionale?
Il vento cambiò definitivamente il 17 novembre 1989. Dalle profondità dell’oceano, infatti, emerse un gioiellino sul quale nessuno era pronto a scommettere: La sirenetta. Basato sull’omonima fiaba di Hans Christian Anderson, il film raccontava la storia di Ariel, una principessa sirena dai bellissimi capelli rossi, insoddisfatta della sua vita nel regno sottomarino governato dal padre, il Re Tritone, e desiderosa di esplorare il mondo degli umani. Tra animazioni mozzafiato e design affascinanti (opera – tra gli altri – di artisti del calibro di Glen Keane, Mark Henn, Andreas Deja e Duncan Majoribanks), La sirenetta conquistò il pubblico di tutto il mondo grazie alla sua storia – così accattivante ma anche commovente -, ai personaggi indimenticabili e alle melodie contagiose.
A livello globale, il film incassò l’incredibile cifra di 233 milioni di dollari in tutto il mondo (equiparabili, più o meno, a 500 milioni nel panorama del box office odierno). Il grande successo del film rappresenterò non solo una svolta definitiva per la Casa di Topolino – inaugurando ufficialmente una nuova era per lo studio (il già citato “Rinascimento Disney“) -, ma fu anche la clamorosa testimonianza di un dato incontrovertibile: il pubblico non era per niente stanco dell’animazione tradizionale. Grazie a La sirenetta, la divisione di Disney dedicata all’animazione si impose di nuovo come forza senza rivali, riconfermando il proprio status di preminenza e potere.
Tra empowerment femminile e canzoni memorabili
Senza il successo rivoluzionario del film diretto da Ron Clements e John Musker, è probabile che il mondo non avrebbe mai avuto classici altrettanto straordinari come La bella e la bestia, Aladdin, Il re leone, Pocahontas, Il gobbo di Notre Dame o Mulan. Considerato il periodo antecedente l’uscita de La sirenetta – periodo, come abbiamo visto, non particolarmente felice per lo studio -, Disney avrebbe potuto scegliere di non cavalcare l’onda di un successo così grande e adottare non solo un approccio più cauto nei confronti dei suoi progetti futuri, ma anche intraprendere percorsi creativi totalmente differenti. Per fortuna, nulla di tutto questo è mai accaduto.
Il personaggio di Ariel – ispirato alle fattezze di Alyssa Milano e doppiato nella versione originale da Jodi Benson – ha spianato la strada ad una nuova caratterizzazione della tradizionale principessa Disney: dopo di lei, abbiamo avuto esempi incredibilmente potenti di empowerment (basti pensare a figure femminili come Belle, Jasmine, Pocahontas o Mulan). La colonna sonora del film – opera di Alan Menken (che è poi tornato più volte a collaborare con Disney) e del compianto Howard Ashman (i due lavorarono insieme anche per La bella e la bestia) – è stata addirittura premiata con l’Oscar, entrando fin da subito nella memoria collettiva grazie a brani diventati a tutti gli effetti dei classici universali, celebrati ed eseguiti ancora oggi in tutto il mondo (come “Part of Your World” e “Under the Sea”, quest’ultima anche premiata con l’Oscar alla miglior canzone originale).
La sirenetta è stato trasposto a Broadway (non a caso, il classico originale è considerato come “il film che ha portato il teatro nei cartoni animati”), ha generato un sequel (La sirenetta II – Ritorno agli abissi) e un prequel (La sirenetta: Quando tutto ebbe inizio) – entrambi concepiti per la distribuzione direct-to-video – e persino una serie animata, senza contare ovviamente la vasta gamma di merchandising che, ad oggi, include giocattoli, videogiochi, abbigliamento e accessori (tra gli altri). Ancora, la storia e la figura di Ariel occupano un posto di rilievo nei vari parchi a tema Disney sparsi nel mondo.
L’impatto culturale de La sirenetta
L’impatto de La sirenetta sulla storia di Walt Disney Company e sulla cultura popolare non può essere sottovalutato. Grazie al film, lo studio concepì un nuovo tipo di intrattenimento che in brevissimo tempo andò ad intaccare tutte le sue future produzioni, trasformando ogni nuova uscita in un imperdibile appuntamento per milioni e milioni di persone – non solo bambini – in tutto il mondo.
Nel bene e nel male, la Disney tornò ad imporsi come superpotenza inarrestabile anche grazie al magico mondo di Ariel, la principessa sirena che ha insegnato a molti di noi a non rinunciare mai ai propri sogni. Un esempio di gentilezza e dolcezza, ma anche di ingenuità e curiosità, che non ha mai avuto paura di lasciarsi sopraffare dalle sue emozioni e che sicuramente continuerà – anche grazie alla rivisitazione in live action uscita nelle nostre sale lo scorso 24 maggio – a far “parte del nostro mondo” per ancora tanto tempo.