mercoledì, Settembre 11, 2024
HomeApprofondimentiIl ragazzo e l'airone: la spiegazione della metafora sul worldbuilding e sulla...

Il ragazzo e l’airone: la spiegazione della metafora sul worldbuilding e sulla funzione dell’arte

Il ragazzo e l'airone, l'ultimo film di Hayao Miyazaki, racchiude al suo interno una potentissima metafora sul worldbuilding e sulla funzione dell'arte. Ma cosa ci dice tutto questo sul grande maestro dell'animazione giapponese?

Centrale ne Il ragazzo e l’airone, il dodicesimo lungometraggio del grande maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki, è l’immagine di una torre simile a quella del gioco di Jenga che richiama alla memoria la straordinaria capacità di Miyazaki di creare mondi incredibili.

Il film – uscito nelle sale italiane lo scorso 1° gennaio – racconta la storia di Mahito Maki, un ragazzino che durante la Seconda Guerra Mondiale deve adattarsi ad una nuova casa e – dopo la morte della madre – alla presenza della sua matrigna, Natsuko. Mentre esplora quello che ai suoi occhi appare come un territorio curioso ma altrettanto minaccioso, viene infastidito da un insolito airone cenerino. Il comportamento bizzarro dell’airone spingerà Mahito ad addentrarsi in un mondo parallelo, dove il giovane imparerà a rivalutare il suo rapporto con il dolore, la famiglia e le responsabilità quotidiane.

Nel film, Mahito scopre una torre fatiscente costruita dal brillante prozio di Natsuko. Quando la matrigna scompare, Mahito sospetta di un possibile coinvolgimento dell’airone. Torna così alla torre, dove viene trasportato in un inquietante universo tascabile, anch’esso creato dal prozio di Natsuko. Il vecchio mantiene in equilibrio il mondo riorganizzando periodicamente la torre fatta di blocchi di pietra magici, un rituale precario che ricorda la meticolosa costruzione dei mondi fantastici di Miyazaki.

Natsuko è in realtà la zia di Mahito, rendendo a sua volta lo stregone il proprozio del ragazzo. Lo stregone vuole che Mahito diventi il suo successore, ma il giovane si rifiuta di essere vincolato dalle responsabilità che concernono un creatore di mondi (in riferimento all’abilità artistica di Miyazaki e al suo rapporto con la bellezza e l’orrore del mondo reale).

2
Il ragazzo e l’airone: fare i conti con la realtà

Miyazaki non sta necessariamente dicendo che la sua arte abbia avuto un impatto negativo sulla vita dei suoi spettatori; piuttosto fa i conti con il rapporto tra finzione e realtà. Collocando questa nuova storia agrodolce sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, dimostra che nessuna delle due è veramente indipendente dall’altra. Nel vero “mondo di sopra”, il padre di Mahito, Shoichi, è un mercante d’armi di successo a cui manca l’empatia necessaria per comprendere l’esperienza emotiva di Mahito: si autoconvince che tutto è un conflitto in cui a vincere è sempre il combattente più potente. Più altruista, Mahito è attirato invece nel suo mondo fantastico non per un desiderio di evasione, ma per via del dolore: la sua defunta madre potrebbe essere ancora viva e aver bisogno del suo aiuto.

Parafrasando la scrittrice Joan Didion, le persone si raccontano storie per vivere. Mahito è intrappolato nell’altro mondo, non per una fantasia fugace, ma perché è alla ricerca di qualcosa di fondamentale che ha perso; ma quando si rende conto che il mondo immaginario è soggetto all’artificio del suo prozio, preferisce la realtà alla fantasia. Mahito dice al proprozio che pur apprezzando gli amici che ha trovato nel mondo da lui creato, vuole tornare alla sua vita di sempre. È palese l’intento di Miyazaki di voler sottolineare l’importanza della connessione umana favorita dall’esplorazione di mondi immaginari, ma non rimanendovi perduti o cedendo ad un trauma ancestrale ereditato.

L’ambivalenza di Miyazaki riguardo alla sua esperienza come creatore di mondi risuona in tutto Il ragazzo e l’airone. Quando Mahito discende per la prima volta nell’altro mondo, vede un cancello inciso con un avvertimento simile a quello presente sulla porta dell’Inferno nella “Divina Commedia” di Dante, in cui si legge che coloro che cercano la conoscenza del creatore sono destinati a morire. Naturalmente, in questo caso, il “creatore” è il proprozio di Mahito, un accumulatore di conoscenza che, proprio come il celebre Don Chisciotte, si è perso leggendo “troppi libri”.

Questo è il punto cruciale della metanarrativa di Miyazaki: non è l’abilità artistica o la curiosità a essere dannosa, ma il controllo che si vuole avere su quei mondi che si sono creati. Separare la conoscenza dal suo contesto sarà sicuramente catastrofico (come portare i pellicani in un mondo senza pesci); una metafora forzata può generare un mostro, (come i parrocchetti carnivori che non sanno bene come essere degli umani). Al contrario, è importante ricordare che anche un’immagine potente deve contenere in sé umanità (come l’airone dispettoso contiene letteralmente un omino nel suo becco). Miyazaki sembra quindi dirci che tutto è connesso: l’umanità con la natura, la realtà con l’immaginazione. È perdere di vista questa unità che crea sofferenza.

FonteCBR
Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

RECENTI